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Italia Nostra Ravenna: La Direttrice del Parco dà i numeri?

Il cittadino comune si aspetta che quando un funzionario responsabile di un bene pubblico presenta dei dati numerici a sostegno di una realtà quantificabile, quei dati debbano essere chiari, precisi, verificabili.
Purtroppo alcuni numeri, rilasciati dalla Direttrice del Parco del Delta del Po dottoressa Maria Pia Pagliarusco durante l’audizione in commissione Territorio, Ambiente e Mobilità in Regione Emilia Romagna convocata dalla consigliera Gibertoni, non sembrano godere dei requisiti necessari. Ci riferiamo all’episodio di moria di uccelli acquatici per avvelenamento aviare da botulino ceppo C, registrata a Valle Mandriole, Ravenna, tra settembre e inizio ottobre del corrente anno 2019.
Per contestare la definizione di “disastro ambientale”, condiviso anche dai media in ragione delle diverse migliaia di uccelli morti (c’è addirittura chi parla del più grave caso in assoluto di avvelenamento da botulismo registrato in Italia da sempre, ma qui servirebbe una autorevole conferma da ISPRA), la Direttrice ha informato che: “In una stagione venatoria vengono uccisi, dichiarati, diecimilacinquecento uccelli, diecimilacinquecento capi che risultano da carniere, e questi dati me li ha forniti la Regione Emilia Romagna, deputata al conteggio del carniere rispetto ai tesserini di caccia”. Ha poi soggiunto: “Quello che vorrei rilevare… è che tutti gli anni muoiono a seguito di esercizio di attività venatoria probabilmente il triplo – mi si dice – di quanto dichiarato. Oserei dire che non possiamo comunque parlare di un disastro: semplicemente questi uccelli non sarebbero morti in questo modo, sarebbero stati ammazzati altrove. Una conclusione sicuramente un po’ azzardata, ma i dati lo confermano”.
Forse il termine “azzardata” andrebbe sostituito con “sconcertante”, provenendo dalla bocca di un funzionario responsabile della biodiversità degli ambienti protetti, di aree di Parco dove per legge la caccia è vietata, ed in cui le indicazioni e le misure di conservazione raccomandano e/o impongono la massima tutela possibile per habitat, flora e fauna compresa.
Allora è necessaria una maggiore chiarezza:
1) il numero di 10500 uccelli si riferisce a tutti gli uccelli indistintamente, oppure solo agli uccelli acquatici, oppure agli anatidi, oppure alle alzavole, sicuramente la specie più colpita nel caso in oggetto?
2) quel dato, derivato dal numero di capi abbattuti e segnalati nei tesserini di caccia, si riferisce a tutto il territorio regionale, oppure alla provincia di Ravenna, o alle sole zone ricomprese nel Parco (cioè zone contigue aperte alla caccia, come le Pinete e le pialasse), oppure alle sole zone umide frequentate principalmente da uccelli acquatici, centinaia di chiari da caccia artificiali compresi?
3) la stima di un valore triplo di quello dichiarato, con l’aggiunta del – si dice-, appare assolutamente preoccupante ed indice evidente di una situazione di fuori controllo. Se confermata, sta a significare che solo un terzo degli uccelli uccisi avviene nei modi consentiti dalle leggi in materia?
Invitiamo inoltre la Direttrice Pagliarusco a indicare la – o le – fonti della stima del triplo di uccelli ammazzati rispetto a quelli dichiarati nei tesserini, o se non se la sente, a richiedere formalmente un autorevole parere ad ISPRA, che dovrebbe essere in grado in rispondere, per dovere istituzionale, in quanto Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale. Non solo, ma ISPRA ha assunto le competenze anche di INFS, che a sua volta le aveva derivate dal Laboratorio di Zoologia applicata alla caccia, che fu attore preminente nella istituzione di Punte Alberete e, nello specifico, nella sua gestione dal 1970 al 1974, venendo coinvolto poi in quella di Valle Mandriole dopo il 1977, a seguito del sequestro ordinato dalla Magistratura di Ravenna per violazione dei dettati della Convenzione internazionale di Ramsar.
Non sarebbe male, poi che sia ISPRA che gli esperti delle associazioni naturalistiche fornissero numeri più attendibili sui censimenti avifaunistci di anatidi, sugli abbattimenti registrati, sulla stima del reale numero di uccelli ammazzati dai cacciatori (da carniere, i feriti e morti dopo lo sparo, quelli non registrati per “dimenticanza” o per dolo), e la stima di morti da saturnismo ed altre cause… Tuttavia, se questi dati non fossero disponibili o non fosse possibile stimarli con sufficiente attendibilità, non sarebbe forse stato il caso, allora, anche e sopratutto per la Direttrice di un Parco, invocare il sacrosanto “principio di precauzione” e di conseguenza chiedere la chiusura della caccia nel nostro Comune e territori limitrofi almeno per quest’anno, invece di affrettarsi a riaprirla?

Italia Nostra, sezione di Ravenna