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Disegnare una svastica non è una “bravata”. I ravennati dovrebbero preoccuparsi

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Pochi giorni fa il Sacrario di Camerlona, che onora la memoria di soldati italiani che hanno combattuto per la libertà alla fine della Seconda Guerra Mondiale, è stato profanato: qualcuno ha disegnato una svastica nera, che è stata prontamente fatta pulire. Stamattina Ravenna si è svegliata, ancora una volta, con un fatto di cronaca simile: il Sacrario dei 55 martiri è stato sfregiato con il simbolo delle SS, l’organizzazione paramilitare nazista.

Ho dedicato il mio percorso accademico alla storia contemporanea: Ravenna è la mia città, dove sono cresciuta e dove sto vivendo tutt’ora. Ho sempre pensato, forse con una buona dose di ingenuità, che Ravenna fosse un’oasi felice, una cittadina che non può essere contagiata da questo dilagare di nostalgia nei confronti dei terribili regimi dittatoriali di destra: oggi, dopo due profanazioni ai sacrari che onorano la memoria di chi è morto per salvare il futuro dalle mani di questi dittatori, nel giro di pochi giorni, sono costretta a ricredermi.

Ho letto alcune reazioni in riferimento al primo spiacevole episodio, a Camerlona: alcuni ravennati hanno deciso di minimizzare. “Ma sì, sarà stata una bravata. Li prendono e poi li puniscono. Per cosa, alla fine poi?”
C’è chi si chiede quindi per quale tipo di ragione occorre trovare i colpevoli e punirli: anche questo, a mio avviso, è un chiaro segno di quanta poca memoria storica vi sia tra le persone, e di quanto sia più importante ignorare una nostalgia pericolosa che sta prendendo sempre più piede in Italia, e a quanto pare anche a Ravenna, anziché combatterla e affrontarla.  Trovo, tra le altre cose, inesatto definire queste due spregevoli azioni delle “bravate”: rubare una caramella nel negozio di dolciumi a 12 anni può essere una bravata. Disegnare una svastica e il simbolo delle SS in due sacrari della Seconda Guerra Mondiale è un atto di violenza, razzismo e mancanza di rispetto per la memoria dei defunti. Non è una bravata.

Tutti i ravennati dovrebbero preoccuparsi, e tutti quanti dovremmo seriamente pensare a cosa può essere utile fare: insegnare la storia, quella vera, quella senza filtri, ai figli e a chi non ha potuto studiare in passato.
Oltre ad auspicare che venga identificato chi ha compiuto questi gesti, mi auguro che la mia città possa mettere in atto, con la partecipazione attiva dei cittadini, una serie di provvedimenti che possano includere incontri e attività che possano ravvivare la memoria storica e l’importanza di essa. Minimizzare e ignorare queste gravi profanazioni rende, in qualche modo, tutti quanti più responsabili di questi atti.

Dr.ssa Veronica Quarti , Cultrice della materia “Storia contemporanea” presso Università degli Studi di Ferrara

 

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