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Se lo stare soli con il nostro io genera paura, ancor più di quella che il virus irrompa nelle nostre famiglie

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Il virus che ha azzerato le relazioni sociali degli italiani, sta cambiando le nostre abitudini e il nostro modo di pensare. Ciascuno di noi prima della pandemia, che ci sta privando dei nostri affetti più cari ai quali non riusciamo neanche a dare una santa sepoltura, senza lasciarci la possibilità di stargli accanto negli ultimi istanti della loro vita, quel maledetto timore che ci impedisce persino di dar loro un ultimo saluto, lascia dentro di noi tanta amarezza e un’infinita dose di tristezza.

Il Covid-19 sta portando via con sé un numero di vittime, il cui bollettino cresce ogni giorno vertiginosamente, in Lombardia, in Emilia-Romagna, in Veneto e in altre regioni d’Italia. Eravamo abituati a programmare le nostre giornate, tutto nella quotidianità di ognuno di noi prima del Coronavirus era cadenzato, tutto seguiva dei ritmi metodici, che si susseguivano in una sequenza che era sempre la medesima. Questo virus ci sta mettendo a dura prova, facendoci sperimentare una realtà completamente nuova, la cui diversità ci rende vulnerabili.

Il silenzio delle nostre città deserte, dove prima c’era caos e rumore, la solitudine, laddove c’era aggregazione, sono queste le nuove componenti del nostro vivere il presente. Lo stare soli con il nostro io genera paura, ancor più di quella che il virus irrompa nelle nostre famiglie.

Non siamo abituati ad ascoltarci, a guardarci dentro, a prendere consapevolezza della nostra sfera più intima che finora è stata sopraffatta da altro, in quanto abbiamo probabilmente sempre volutamente evitato di portarla in superficie, pensando erroneamente che le emozioni siano segno di fragilità e di debolezza e che chi tra di noi le faccia emergere, sia un perdente.

Papa Francesco ci ha invitati alla riflessione, a cogliere ciò che di buono può esserci anche in questi giorni di incertezza e di smarrimento, esortandoci a riscoprire la nostra individualità, troppo spesso alienata dalla frenesia della società odierna. La fragilità è data dalla nostra incapacità di fare introspezione, di stare bene con noi stessi, di creare il deserto dentro di noi.

Soltanto chi basta a se stesso non ha paura della solitudine mentre la consapevolezza di sé è risorsa essenziale di positività, quella che ti dà la forza di reagire alle difficoltà che la vita pone sul nostro cammino.

Essere positivi e propositivi, soprattutto nelle avversità, quando tutto sembra essere perduto, alimenta la speranza che ci lasceremo presto alle spalle questo periodo buio, con una nuova coscienza di noi stessi e della nostra società.

Mirella

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Commenti

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  1. Scritto da Stefano Catte

    E’ un momento difficile e il pensiero non può non andare a tutti coloro che sono in prima linea per affrontare l’emergenza sanitaria, alle persone colpite dal virus, alle persone che non ci sono più ed ai loro familiari, a tutti coloro che lavorano per permettere ai più fortunati (tra i quali mi annovero) di poter comunque continuare a vivere.

    Ma sono d’accordo con chi sostiene che questo momento difficile abbia dei risvolti positivi derivanti dall’essere costretti a fermarsi (obbligo da tanti comunque non rispettato in toto).

    Il silenzio fa paura ma è l’occasione migliore per (ri)conoscersi.
    La ragione dell’inosservanza delle prescrizioni disposte nasce da questo rifiuto: dalla paura di essere.

    Sarebbe saggio, finita l’emergenza, che si tornasse ad avere la domenica con i negozi non indispensabili chiusi. C’è bisogno di tornare ad essere una comunità fatta di PERSONE, con sentimenti ed emozioni! E’ ora di finirla di essere solo dei “consumatori”, piccoli e miseri bancomat itineranti!

    W la vita!