L’OMBELICO D’ORO / Jean Music Room, quell’angolo di musica dove regalano la classica e cento ragazzi si mettono in fila per portarla a casa

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Bentornati all’Ombelico d’Oro, rubrica culturale atarassica per tempi sconvolti. Mi metto nei panni di un diciottenne in questa Italia del 2022. Un diciottenne qualunque, medio, che viene da una famiglia normale e ha capacità normali (normale è una parola che non mi piace, ma usiamola comunque, per capirci). A questo diciottenne, ogni giorno, viene rimproverato, in ordine:

a) di non avere voglia di lavorare;

b) di non aver voglia di andare a scuola;

c) di non avere interessi;

d) di non essere appassionato di politica;

e) di essere sempre attaccato al cellulare e ai social.

Ora, verosimilmente, a questo diciottenne medio, cosa viene offerto? Lavoretti insignificanti non retribuiti (o, se retribuiti, con paghe al limite dello schiavismo); una scuola iper-semplificata, che spesso si limita a fornire formulette e schemi; una cultura contemporanea (editoria, teatro, cinema) da una parte retorica, invecchiata, moralista oppure elitaria e inaccessibile – salvo rare eccezioni; una politica squalificata e sideralmente lontana; una televisione ridicola e idiota, buona giusto per i rincoglioniti (e saluto qui tutti i rincoglioniti); una poltiglia di banalità rimasticate da parte di youtuber e influencer sui social che frequentano.

Che pessimismo, direte. Ma credo che la mia descrizione non si allontani troppo dal vero (e non ho neanche citato il disastro sociale della pandemia, di cui, prima o poi, dovremo render conto). Di fronte al dissesto culturale e alla mancanza dei minimi strumenti critici per decrittare quello che si vede, giustifico chi si rifugia in social e videogiochi. Ci si sente meno soli. E la fame, quella fame inquieta che ogni adolescente prova di fronte al mondo, ha pur bisogno di merendine e palliativi se non arrivano i primi piatti.

Mi ha quindi totalmente spiazzato, e in positivo, la notizia che un negozio di dischi di Ravenna, per un giorno (precisamente sabato scorso) avrebbe regalato vinili di musica classica agli under 30. Per ogni under 30, un disco gratis: Beethoven, Mozart, Čajkovskij. Fino a esaurimento scorte.

“Musica classica. Figuriamoci. Non ci sarà andato nessuno”. Colpo di scena: fuori da Jean Music Room, in via Girolamo Rossi, c’era la fila. Centinaia di ragazze e ragazzi che aspettavano il loro turno per portarsi a casa un pezzo di quel monumento marmoreo e inquietante che chiamiamo “cultura alta”.

C’è speranza, allora. Labile, fioca, delegata alla gratuita volontà di un singolo; ma c’è. Pubblicità, si potrebbe insinuare. Furbo marketing per attirare qualche cliente. Ne ho parlato col Gianni Corbari, proprietario del Jean Music Room appunto, uno dei due negozi di dischi rimasti in città.

Jean Music Room

Jean Music Room

Hai aperto il tuo negozio qualche anno fa. In centro, a Ravenna, siete solo in due. Come mai?

«È vero, a Ravenna resistiamo noi e Rok, aperto ormai da più di una ventina d’anni. Un motivo, per questa penuria, ci sarà… Se nessuno ha avuto l’idea di aprire un negozio di dischi, significa che c’è un certo timore a lanciarsi. Quando ho aperto, tutti quelli che entravano mi dicevano sempre la stessa cosa: “Complimenti per il coraggio”. Dopo aver sentito ripetere ancora e ancora questa frase, ho cominciato a preoccuparmi anch’io, che avevo preso questa decisione con una certa tranquillità!»

E dopo due anni di apertura, la pandemia. Come avete vissuto questo periodo?

«L’abbiamo accettato per come è venuto. Ci siamo specializzati sugli impianti, ad esempio. Chi è costretto a stare a casa trova l’opportunità di riscoprire e ascoltare i vinili con un impianto stereo; così abbiamo cominciato a vendere giradischi e impianti, a fare riparazioni. Da ragazzo ho lavorato in un laboratorio di riparazioni, avevo già maturato qualche esperienza. È una cosa che mi è sempre piaciuta».

Da chi è formata la tua clientela?

«La platea è veramente molto varia. Si parte dai ragazzetti di 15-16 anni per arrivare al massimo dell’utenza nella fascia che va dai 30 ai 50».

Come ti è venuta l’idea di regalare vinili di musica classica?

«Sono sempre stato un grande appassionato di classica. Quando ho aperto il negozio avevo dedicato uno spazio sia al cd che al vinile di musica classica, ma non è mai stato molto considerato. Ho avuto una bella risposta su altri generi, come il rock, il jazz e il blues, ma non per la classica. E io questi dischi li volevo far conoscere. Perché non regalarli? Voglio vedere cosa succede, mi sono detto. E sono stato molto sorpreso, perché sono venuti tantissimi giovani. Regalavamo dischi di classica per gli under 30. Mi sono visto comparire in negozio un sacco di ragazzi e ragazze (soprattutto ragazze). Spulciavano tra gli scaffali e studiavano le grafiche della copertina: tutte cose che faccio anch’io, dopo 40 anni che compro dischi. Una grande soddisfazione».

Quanti dischi hai regalato?

«Quasi 100 in una giornata, uno a persona. Grazie al passaparola sono venuti gruppi di 3-4 amici. Si era fatta la fila fuori, e abbiamo fatto presto».

Cosa hanno preso?

«Di tutto. Direi però soprattutto i grandi nomi: Beethoven, Mozart, Vivaldi, quelli sono andati via quasi subito. Anche Stravinskij, che è fuori dall’epoca d’oro, se n’è andato subito».

Cosa ti hanno detto i ragazzi?

«Hanno apprezzato. Mi hanno fatto tanti complimenti, dicendo che non conoscevano il negozio. Probabilmente è stata la giornata più bella e divertente da quando abbiamo aperto».

Ne è tornato qualcuno?

«Ancora no, ma sono passati solo due giorni. Ma vedi, questa cosa della musica classica non era mica per farmi conoscere. Semplicemente, ho sempre avuto il pallino. Io sono nato qui vicino, in una stradina del centro. Accanto a casa mia vivevano un liutaio e un appassionato di classica: quando aprivo la finestra, da ragazzo, sentivo la classica. E sono rimasto fregato! Così, quando ho visto che le vendita non andavano bene, ho preso questa strada, indipendentemente dal guadagno, come vedi».

Ci saranno altre giornate di musica gratis?

«Ne faremo una ogni tanto. Sono giornate che richiedono una certa organizzazione, e non possiamo finire tutte le nostre provviste. Ma un altro appuntamento, dedicato a un altro genere di musica, probabilmente lo farò. Devo ancora pensarci. Forse il jazz».

Classica e jazz. Generi che respingono?

«Sono due cose grandi. Due immensi serbatoi che non si esauriscono mai. Si scopre sempre qualcosa, anche dopo 40 anni. Il jazz, anche se può far paura, in realtà è un immenso paniere di tanti generi all’interno, tante influenze. Uno dice “non mi piace il jazz”: probabilmente non è vero. Posso farti sentire qualcosa dove c’è dentro un po’ di soul, o un po’ di blues; ci sono sfumature che sono gradite anche da persone molto distanti da quelle sonorità. Ognuno ci deve arrivare con la propria strada. Conosco molti ragazzi giovani amanti dell’hip-hop: magari ascoltano quello degli anni ’90, e poi, spinti dalla curiosità, vanno a ritroso nella scoperta. Si trovano il funk negli anni ’70, e poi ancora indietro alle origini, fino al jazz. La curiosità è sempre la prima virtù per chi ama la musica».

Fino a qualche tempo fa organizzavi anche gruppi d’ascolto.

«Sì, avevo l’idea del negozio alla vecchia maniera: un luogo dove incontrarsi fra appassionati e dove condividere la propria musica. Ho cercato di radunare i pochi che c’erano all’inizio, e ho cominciato a raccontare le storie di qualche artista a me molto caro. Il primo incontro, ad esempio, è stato su Chet Baker. Qualche bicchiere di vino, un po’ di musica e sembrava di essere a casa. Una music room, appunto».

Qual è la tua storia?

«Sono sempre stato a Ravenna. I miei avevano un ingrosso di frutta in via Ponte Marino, dove ho lavorato anch’io. Poi ho lavorato per una catena di supermercati, come addetto agli acquisti. Sono sempre stato però appassionato di musica: ho fatto il dj, anche radiofonico, e il direttore artistico in diversi locali; ho frequentato per anni fiere e sono un collezionista accanito. Così alla fine mi sono stufato e ho deciso di fare quello che veramente mi piaceva. Indipendentemente dal guadagno».

Una scelta tardiva.

«Sì. E devo confessarti che Ravenna mi ha sempre fatto un po’ paura. Inizialmente avrei voluto aprire in un’altra città, Rimini o Bologna, dove la cultura musicale è molto importante. Ho scelto Ravenna per comodità. E mi fa molto piacere aver ottenuto questo risultato qui. È bello restituire qualcosa alla città che ti ha cresciuto».

Com’è il lavoro per un venditore di dischi usati? Immagino dovrai girare spesso per fiere.

«Ho quasi smesso. Nel negozio, essendo da solo, sono abbastanza impegnato, fra impianti hi-fi, consegne a casa e vendite. Le uniche che ancora facciamo sono all’estero, per procuraci un po’ di materiale. Abbiamo i nostri “pusher” alla fiera di Utrecht, in Germania, in Svizzera. Oltre alla cernita sulla base della conservazione del prodotto, bisogna essere bravi a scegliere, perché di dischi ce ne sono a quintalate e spesso quelli che si vendono sono sempre gli stessi. Bisogna andare mirati: i vinili dei grandi gruppi rock ad esempio, che in Italia stanno cominciando a diventare più rari».

Consigliami un disco di classica.

«La Sesta di Beethoven, la Pastorale. Me lo sono ascoltata talmente tante volte che ne ho dovuto comprare più copie perché quelle che avevo le ho “finite”, come si dice».

Jean Music Room
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Commenti

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  1. Scritto da Ruggero Rosetti

    Grandissimo Gianni, grazie per quello che stai facendo per Ravenna, la cultura e i giovani!

  2. Scritto da armando

    Grande Gianni: ti segui da sempre e ti seguiro’.-