L’OMBELICO D’ORO / Galla Placidia e quella santa devozione per i sandali, da una lettura inedita della “Pala Rondinelli”

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Bentornati all’Ombelico d’Oro, rubrica culturale falotica per tempi monocordi. Lo scorso gennaio è tornata a Ravenna, dopo 200 anni di assenza, la Pala Rondinelli. Il dipinto, sottratto dalle truppe napoleoniche da San Giovanni Evangelista nel 1798, e dopo un lungo soggiorno alla Pinacoteca di Brera, oggi si può finalmente ammirare al Museo Nazionale di Ravenna.

Nicolò Rondinelli, artista ravennate allievo di Giovanni Bellini e attivo verso la fine del Quattrocento, ha raffigurato in questa notevole pala d’altare un soggetto poco conosciuto: San Giovanni Evangelista appare a Galla Placidia. E puntualmente vediamo, al centro della composizione, il santo barbuto che agita il turibolo; inginocchiata subito sotto, la giovane imperatrice che afferra bizzarramente il sandalo dell’apostolo; qualche angioletto sparso e, un po’ defilata a destra, dietro all’altare, una figura orante: San Barbaziano.

Incuriosito dal soggetto, e intrigato dal fatto che questo stesso episodio è ripetuto quasi uguale anche sul portale gotico trecentesco davanti alla chiesa, sono andato a informarmi. Quella che segue è una trascrizione fedele dell’unica fonte storica rimastaci, datata IX secolo d.C.

Pala Rondinelli

Dal Liber Pontificalis di Agnello Istorico.

Dovete sapere che in quel tempo Galla Placidia era in preda allo sconforto. Vagava inquieta per le sale del palazzo imperiale, rifiutava le udienze, rispondeva male al giovane figlio, l’imperatore Valentiniano III. Il generale Ezio, intimorito, l’aggiornava sugli ultimi movimenti delle truppe in Gallia: lei lo ascoltava distrattamente, borbottava qualcosa in greco (“es kòrakas!”) e si ritirava nelle sue stanze, deserte dalla morte del marito Costanzo.

Solo a Barbaziano, il suo fedele confessore, era concesso di entrare nelle camere private. Così, una sera, il monaco di Antiochia si fece coraggio e, col suo dolce accento orientale, le chiese cosa la stesse turbando.

“Barbaziano, e c’è bisogno di dirlo?”, sbottò Galla. “Non trovo una reliquia per la mia nuova chiesa. C’è da farsi ridere dietro, così! Dieci anni fa ho promesso a San Giovanni di consacrargli la chiesa più bella d’Italia. Ricordi? C’eri anche tu su quella galea, in mezzo alle onde, a un passo dal naufragio. Ho fatto il voto e il santo ci ha graziato. E ora che ho finito la mia chiesa, senza una sua reliquia non posso inaugurarla. Che figura ci faccio? E non parlo del fatto che dormo sola da mesi, ormai”.

Galla Placidia

Barbaziano ascoltava lo sfogo dell’imperatrice, che languiva discinta sul letto. Chiuse gli occhi per non cadere in tentazione (Galla, a quarant’anni, era la stessa delizia bizantina che aveva fatto girare la testa al goto Ataulfo) e capì che l’unica cosa da fare per placarla era affidarsi al buon Dio.

“Vostra altezza, non disperate. Ascoltatemi: questa notte la passeremo assieme in chiesa, e pregheremo finché il santo non ci avrà dato una risposta. Solo, non portate Valentiniano, vi scongiuro: quel ragazzo indiscreto farebbe perdere la pazienza anche a Gerolamo. Resteremo soli, voi ed io”.

Quella notte stessa, portati di nascosto tappeti, cuscini e candelabri sotto l’abside dorato, Galla e Barbaziano si diedero da fare. E prega che ti riprega, confusi dagli aromi dell’incenso, dopo qualche ora furono vinti dal sonno. Ma durante il dormiveglia, all’esausto monaco parve di vedere una figura luminosa, vestita di bianco, che avanzava in silenzio per le navate in penombra, tenendo in mano un turibolo fumante d’incenso. Che fosse davvero lui?

Barbaziano si stropicciò gli occhi: l’apostolo era ancora lì. Con un tocco pieno di dolcezza, il monaco svegliò l’imperatrice; e portandosi l’indice al naso, le fece segno di guardare sotto l’altare. A Galla scappò un gridolino da bambina e si precipitò verso Giovanni, che ancora una volta intercedeva per lei.

“Giovannino, s’ci bel!”, esclamò Galla, toccandogli la punta del sandalo in finissimo cuoio siriano. Ma Giovanni, timido come tutti gli uomini di lettere, a sentire quella calda passione s’imbarazzò e, senza proferire verbo, scomparve d’improvviso come per una folata di vento.

Barbaziano accorse a consolare Galla, ormai rotta in un pianto disperato. E mentre l’abbracciava come solo gli antiochiani sanno fare, notò che l’imperatrice stringeva ancora in mano il sandalo destro del santo. “Augusta, abbiamo la nostra reliquia”, le sussurrò all’orecchio. “Spero solo che lassù lo facciano rientrare anche scalzo”.

San Giovanni Evangelista

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