MA ALICE NON LO SA / Gianluca Dradi il Preside dei diritti, come il professor Keating dell’Attimo fuggente: della carriera alias e di molto altro

"Credo in una scuola in cui bisogna prendersi cura del benessere degli studenti, e questo vuol dire, tra le altre cose, anche renderli partecipi delle scelte che si fanno. Bisogna valorizzare la loro personalità, quindi credo molto nel dialogo con gli studenti."

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“L’educazione è il punto in cui si decide se amiamo abbastanza il mondo per assumercene la responsabilità” (Hannah Arendt).

Ci sono alcuni mestieri in cui i giorni sono un po’ tutti uguali, si timbra un cartellino, ci si siede a una scrivania, si compilano moduli, si redigono atti, si producono documenti. Poi si fa la pausa pranzo, si torna magari svogliatamente in ufficio e si aspetta che finisca il turno per tornarsene a casa, e chi s’è visto s’è visto.

Poi ci sono lavori che sono qualcosa di più di questo. Sono quasi una missione, qualcosa che non ti lasci alle spalle chiudendo una porta dopo il turno di 8 ore. Sono impegni che ti entrano dentro, diventano una parte fondamentale del tuo modo di essere e del tuo modo di vedere la vita. Ogni lavoro dal più umile al più prestigioso ha la sua dignità, sia chiaro. E ogni lavoro lo si può fare bene o lo si può fare male. Ma qualcuno ha la possibilità attraverso il proprio lavoro, di cambiare le cose, di far diventare possibile quello che poteva sembrare impossibile. Qualcuno per cui il mestiere diventa una vera e propria vocazione.

Parlando con il Preside del Liceo Artistico Gianluca Dradi ho avuto a tratti l’impressione di trovarmi di fronte al Professor Keating dell’Attimo fuggente, alias Robin Williams. Quello che insegna ai propri studenti a salire sui banchi e far risuonare il loro barbarico YAWP sopra i tetti del mondo. Quello che non insegna solo come diventare studenti migliori, ma soprattutto persone migliori. “Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo” diceva il Professor Keating. E il Preside Dradi è uno che attraverso le parole e le idee il mondo prova a cambiarlo davvero. Perché il mondo in fondo non ha un centro e a volte parte da un liceo di provincia, nel quale viene istituito un provvedimento all’avanguardia sul tema della varianza di genere.

Prima era una proposta. Ora non più. È stata approvata infatti dal Consiglio d’istituto del 30 maggio la proposta del Preside Dradi di istituire il riconoscimento della carriera alias, che consiste in un un accordo tra scuola, studente e famiglia (nel caso di studente minorenne), per favorire il benessere psicologico della persona che, vivendo una situazione di varianza di genere, può vedersi riconosciuto il proprio vissuto attraverso il diritto ad essere nominato/a, in ambito scolastico, col nome di elezione. Il nome scelto dalla persona sarà utilizzato nel registro elettronico, nell’indirizzo di posta elettronica, negli elenchi e in tutti i documenti interni alla scuola aventi valore non ufficiale. La cosa ha già fatto parlare tanti, anche a sproposito. Ma ecco la nostra chiacchierata.

Gianluca Dradi

L’INTERVISTA

Preside Dradi ci illustri in cosa consiste questo regolamento? È stato il primo dirigente scolastico a istituirlo o ci sono già altri casi in Italia?

“Ci sono una settantina di istituti superiori in cui è già vigente questo tipo di regolamentazione e anche l’Università di Bologna ha adottato la carriera alias.  Non c’è però un modello standard applicato in maniera  uniforme, perché questo regolamento è stato declinato in modi diversi. Ad esempio c’è chi ha disposto che unitamente alla richiesta  dei genitori vi fosse anche un certificato di un medico o psicologo; noi abbiamo pensato che questo non fosse necessario. Abbiamo ritenuto che fosse sufficiente la richiesta di entrambi i genitori nel caso lo studente sia minorenne o la richiesta dello studente stesso se maggiorenne.”

Lei ha ritenuto che i tempi fossero maturi per mettere in pratica questo regolamento anche al Liceo artistico di Ravenna: cosa l’ha portata a questa decisone?

“Intanto sin dall’inizio dell’anno scolastico avevo avuto una richiesta da parte dell’associazione Affetti oltre il genere, poi imparando a conoscere gli studenti di questo liceo ho riscontrato che il tema era sentito e quindi ho pensato di procedere.”

Quante richieste ci sono al momento?

“Ho due richieste, e penso che aumenteranno.”

Ha ricevuto delle critiche anche provenienti dal mondo politico per questa sua scelta?

“Sì ci sono state critiche da parte del Movimento pro vita e da parte della Lega. È chiaro che si tratta di un argomento, come si direbbe in gergo politico, divisivo, ma non c’entra niente col tema paventato da qualcuno dell’ideologia gender. Questo provvedimento si pone all’interno di una logica di inclusione, di accoglienza degli studenti, del rispetto delle differenze.”

Ha ricevuto anche la visita di quel personaggio folkloristico (per usare un eufemismo) che si fa chiamare Padre David (ex Vikingo) che è venuto a benedire il liceo… L’ha infastidita o turbata questo episodio?

“Ma no… direi che il personaggio si commenta da solo.”

Secondo lei altri istituti superiori di Ravenna seguiranno l’esempio del Liceo artistico?

“Penso di sì, una collega della provincia di Ravenna mi ha già detto che probabilmente si attiverà proprio in tal senso.”

Ripercorriamo il suo percorso: lei “nasce” come avvocato, poi ha fatto l’Assessore nel primo mandato del Sindaco Matteucci ed infine è stato nove anni preside del Liceo scientifico prima di approdare all’Artistico.

“Io per 22 anni ho fatto l’avvocato, parallelamente ho anche fatto il docente di diritto nelle scuole superiori, con un part time al 50%, poi ho avuto un periodo di aspettativa dalla scuola di 11 anni mentre svolgevo incarichi amministrativi: prima di fare l’Assessore ho fatto il Presidente del Consorzio dei servizi sociali.”

Come Assessore che deleghe aveva?

“All’ambiente, alla Polizia municipale, alla sicurezza e per un periodo anche alla sanità.”

E la sua passione politica che poi si è concretizzata in incarichi amministrativi, da dove traeva origine?

“La passione politica mi ha accompagnato sin dagli anni del liceo; era la seconda metà degli anni ’70 quindi era difficile non interessarsi di politica. Io entrai al liceo che non avevo nessunissimo orientamento politico, la mia famiglia era poco interessata alla politica e tendenzialmente comunque più collocata a destra che a sinistra. Arrivando al liceo c’era un’atmosfera di grande fermento, tutti i giorni davanti alla scuola c’erano le organizzazioni giovanili dei diversi partiti che distribuivano volantini, organizzavano manifestazioni, scioperi e via dicendo. Allora iniziai a maturare la mia visione del mondo e realizzare che i miei valori erano quelli propri della sinistra: progresso, giustizia sociale, solidarietà, uguaglianza.”

Prese qualche tessera di partito?

“Molto tardi, sono sempre stato abbastanza indipendente nelle mie scelte e ho operato per molto tempo nei movimenti. Proprio per questo mio attivismo nel 1990 fui invitato a partecipare come delegato esterno all’ultimo congresso nazionale del PCI, quello che portò alla nascita del PDS. Ma non mi iscrissi al PDS, quel congresso non mi fece una buona impressione. Non mi sembrava che lo spirito di innovazione che aveva lanciato Occhetto con la così detta svolta della Bolognina fosse effettivamente recepito dai quadri dirigenti, che continuavano a muoversi con le vecchie logiche. Presi la tessera del PDS solo più tardi, ai tempi della campagna elettorale che portò al primo Governo Prodi. Ora sono un po’ di anni che non ho più tessere di partito…”

Come mai? C’è qualcosa che non la convince dell’attuale PD?

“I partiti, tutti, sono un po’ una delusione, perché tendono ad operare su una logica di breve termine, guardando alle convenienze immediate piuttosto che a cosa può accadere nel tempo. Ma in questo modo è difficile fare le riforme che servirebbero al paese.”

Ma ha messo una croce definitiva rispetto a qualsiasi ipotetico suo coinvolgimento attivo sullo scenario politico? O lascia uno spiraglio aperto?

“Mai dire mai, anche se ritengo decisamente improbabile un mio ruolo attivo in politica.”

Torniamo indietro, come arrivò all’incarico di assessore?

“Fabrizio Matteucci era un amico che conoscevo dai tempi del Liceo classico. Lui aveva 4 anni più di me, quando sono entrato in quarta ginnasio lui era all’ultimo anno di liceo. Negli anni ’90 io poi ho partecipato ai movimenti referendari promossi da Mariotto Segni, che miravano a promuovere il passaggio del sistema elettorale dal proporzionale al maggioritario, proprio per sbloccare il paese, dare maggior stabilità al sistema e rendere più chiaro agli elettori quali fossero le scelte e le alternative in campo. Come noto quel sistema fu poi attuato in parte, col cosiddetto Mattarellum, e comunque portò alla formazione di coalizioni. Tornando alla sua domanda, Matteucci mi propose di entrare nella sua squadra dopo avermi coinvolto nella redazione di alcune parti del suo programma elettorale, in particolare quelle che riguardavano i servizi sociali.”

E il lavoro di avvocato l’ha quindi lasciato definitivamente, non le piaceva proprio?

“No, il lavoro di avvocato mi ha dato grandi soddisfazioni, ma io sono una persona “inquieta”, ho bisogno di nuove sfide, nuove avventure. Il lavoro di avvocato è molto solitario, si è chiusi nel proprio ufficio a elaborare strategie, scrivere atti, ecc. Mi piaceva l’idea di cimentarmi nella conduzione di un gruppo, e l’opportunità è arrivata nel momento in cui, proprio al termine della mia esperienza in giunta, venne bandito un concorso da dirigente scolastico, a cui mi iscrissi e che vinsi.”

murales Liceo scientifico Oriani

E così divenne preside del Liceo scientifico.

“Sì, nel 2012, e questo incarico è durato fino all’anno scorso.”

Dal suo personale osservatorio quali sono le cose del sistema scolastico che vanno bene e quelle che vanno male?

“Parlando delle scuole superiori, che meglio conosco, direi che abbiamo innanzitutto un problema di equità del sistema: come attestano le ricerche Invalsi e Pisa, ci sono grossi divari territoriali e tra i diversi indirizzi di studio. Se, ad esempio, guardiamo alle competenze nelle materie scientifiche e matematiche, tra gli studenti dei licei e quelli degli istituti professionali ci sono differenze che potrebbero corrispondere a tre anni di scolarità. Inoltre, mentre il livello di apprendimento da parte degli studenti nelle scuole del nord risulta molto buono, purtroppo il sud e le isole sono più indietro. Ancora, oggi il figlio di genitori laureati ha il 75% di probabilità di laurearsi mentre il figlio di genitori che hanno la licenzia media ha solo il 12% di probabilità di concludere i suoi studi con una laurea. Questo significa che la scuola non è in grado di ridurre le disuguaglianze sociali. Poi abbiamo anche il problema, evidenziato dall’Invalsi, dei dati sulle scarse capacità di comprensione dei testi di italiano, che in società sempre più caratterizzate dalle fake news diviene davvero un tema di cittadinanza preoccupante.”

Una cosa positiva invece?

“Gli studenti dei licei del nord quando fanno esperienze all’estero, al ritorno dicono tutti che nelle nostre scuole si impara molto di più. Tanti miei studenti che dopo il diploma si sono iscritti in università, per esempio americane, mi hanno riportato che per loro è stato facile frequentare con profitto tali percorsi di studio. E i nostri studenti all’estero sono molto apprezzati e elogiati per la qualità della loro preparazione umanistica, che ha una componente di fantasia e creatività che non si riscontra in studenti provenienti da altri paesi.”

A lei capita mai di andare personalmente in classe a fare lezione?

“Quest’anno non mi è capitato, negli anni scorsi qualche volta l’ho fatto, di solito per affrontare tematiche legate alla nostra Costituzione.”

Quando i professori le mandano in ufficio qualche studente che ha combinato una marachella lei è severo ?

“Cerco di essere giusto, dipende dalla marachella, bisogna valutare caso per caso. Io credo in una scuola in cui bisogna prendersi cura del benessere degli studenti, e questo vuol dire, tra le altre cose, anche renderli partecipi delle scelte che si fanno. Bisogna valorizzare la loro personalità, quindi credo molto nel dialogo con gli studenti. Detto questo è ovvio che se ci sono comportamenti inappropriati è mio dovere intervenire.”

Sono molto frequenti i casi di comportamenti inappropriati da parte degli studenti?

“No, ma ci sono. Quest’anno per esempio ho condotto 6-7 sanzioni disciplinari.”

Senza entrare troppo nel dettaglio, che tipo di condotte ha sanzionato?

“Si trattava prevalentemente di comportamenti scorretti o atti di bullismo.”

Si parla molto di un’allarmante diffusione tra i giovani di atti di bullismo (e cyberbullismo). Ci conferma che il fenomeno sta assumendo proporzioni preoccupanti? E cosa si può fare in ottica di prevenzione?

“Allora, il fenomeno del bullismo tra i giovani esiste, in alcuni ordini di scuola è più diffuso rispetto ad altri, in questa scuola in particolare non lo è. Quando mi capitò di fare un’esperienza di reggenza in un istituto tecnico qualche anno fa, per esempio, il fenomeno era molto più presente.”

Gianluca Dradi

C’è una tipologia di studenti che risulta essere in particolare vittima di questi atti di bullismo?

“Ci sono innanzi tutto forme più hard, che possono giungere ad atti violenti, e forme più soft di bullismo. Quelle più hard sono solitamente quelle perpetuate da maschi nei confronti di altri maschi, spesso verso coloro che appaiono più timidi o effeminati. Le ragazze attuano una modalità più sottile di bullismo, che si attua attraverso l’esclusione e l’emarginazione nei confronti di una compagna.”

E che si fa quando ci si trova davanti a questi comportamenti?

“Si agisce in due modi: da una parte l’educazione e dall’altra la repressione volta a punire  chi si e reso responsabile di questi atti.”

I genitori dei ragazzi che hanno compiuto atti di bullismo come si approcciano? È vero che c’è la tendenza da parte dei genitori a difendere a priori il proprio figlio a volte anche negando l’evidenza?

“In realtà, come per tutte le cose, si verificano reazioni di vari tipi. Ci sono genitori che si sono scusati per la condotta sbagliata dei propri figli e hanno appoggiato la scelta degli educatori di impartire una sanzione disciplinare. E poi ci sono i genitori che negano l’evidenza, non concepiscono, a volte anche in buona fede, che il proprio figlio possa sbagliare. Altri invece hanno una vera e propria sfiducia nei confronti del sistema educativo e danno a priori sempre la colpa agli insegnanti e agli educatori.”

Lei ha figli?

“Sì, una figlia di 23 anni.”

È più facile insegnare, educare i propri figli o gli studenti, secondo la sua esperienza?

“Ovviamente è sempre più facile coi figli degli altri (sorride, ndr).”

Come mai?

“Beh, perché si è più distaccati, si è meno coinvolti emotivamente, quindi risulta più facile prendere le decisioni giuste.”

Andando verso la chiusura, vuole aggiungere qualcosa sul suo modo di vedere la scuola, il suo modo di vivere il ruolo pedagogico che ricopre o altro?

“Beh, per me è centrale l’esigenza di promuovere una scuola che abbia un approccio “trasformativo”, cioè che ambisca ad orientare il futuro promuovendo il pensiero aperto e problematico, che valorizzi il fare insieme. È anche importante occuparsi del benessere psicologico ed emotivo dei ragazzi a scuola, perché questo è funzionale al miglioramento degli apprendimenti. Ovviamente agli studenti occorre chiedere però l’impegnò perché senza un po’ di fatica non si cresce e non si migliora.”

Voi mettete a disposizione dei ragazzi uno psicologo?

“Certamente, è uno strumento fondamentale proprio per quanto riguarda la tutela e il favorire il benessere dello studente all’interno del sistema scuola. Tengo molto anche al progetto di peer education (educazione tra pari) che consiste nell’organizzazione di corsi di recupero gestiti da studenti, nel senso che gli studenti “più bravi” si mettono a disposizione per fare lezioni a quelli “meno bravi”. È un progetto integrato, che abbiamo fatto insieme ad altre tre scuole del territorio, con il supporto della Fondazione del Monte. Ai ragazzi che hanno aderito mettendosi a disposizione per dare lezioni è stata riconosciuta una borsa di studio, e agli studenti meno performanti questa modalità di lezione da parte di loro compagni può risultare più efficace rispetto ai classici corsi di recupero gestiti da insegnanti.”

E come è andato questo esperimento?

“Io l’avevo già realizzato al Liceo scientifico e aveva riscosso molto successo, qui ne ha avuto un po’ meno, ma forse perché era la prima volta. Ci sono stati poche richieste da parte degli studenti che avevano bisogno di aiuto, mentre sono state numerose le adesioni degli studenti disponibili a dare una mano.”

Sul tema del benessere, quali sono gli strumenti che si possono attivare per raggiungere questo obiettivo?

“Per prima cosa mettere a disposizione lo sportello di supporto psicologico, secondo promuovere progetti di peer tutoring, terza cosa favorire in classe un clima corretto e rispettoso tra docenti e studenti.”

Molti affermano che i ragazzi durante la pandemia hanno subito un trauma non indifferente, determinato da circa due anni di privazione della socialità. Lei considera che la situazione sia così grave?

“Beh è innegabile che vivere due anni in parziale isolamento in una fase della vita in cui la socializzazione è fondamentale per imparare a stare al mondo, qualche effetto negativo l’avrà provocato. Di sicuro nel mondo in cui viviamo si registra un aumento delle fragilità da parte degli studenti, ma questa tendenza si era già manifestata anche prima della pandemia. Sono aumentati i casi di anoressia, di depressione, di attacchi di panico. È diminuita la capacità di resilienza da parte dei ragazzi nei confronti delle avversità e dello stress.”

Ultima domanda: le è mai capitato di rimproverare degli insegnanti? Se sì, per quale motivo?

“Sì, per esempio ho fatto rifare l’anno di prova a un docente proprio per la sua difficoltà nel relazionarsi con gli studenti. Non c’era empatia, c’era un atteggiamento a volte di scherno nei confronti degli studenti. Non andava bene.”

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Commenti

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  1. Scritto da Alex

    Dirigente e professore bravissimo , spostatelo a dirigere il classico(tradizionale, scienze umane , linguistico ,economico -sociale) che in questi ultimi anni è sprofondato nell’ abisso delle peggiori scuole di ravenna !

  2. Scritto da Rosy

    Bravo il Preside, peccato che sia il solo che crede nella valorizzazione dello studente. La scuola italiana è antica, classista, svalutante e noiosa. Peccato però che il nostro paese ha bisogno dei nostri giovani, di tutti i nostri giovani, visto il decremento demografico degli ultimi vent’anni! Svegliatevi!!!!

  3. Scritto da batti

    alice avresti dovuto chedere ha un preside di tale elevatura ( i fatti lo provano) il parere sulla repressione degli studenti di torino
    mi farebbe piacere il suo parere sugli stage fatti in questo modo
    a me sa di lavoro gratis
    e inoltre il suo parere sulle bastonate e se la risposta del ministro si può mettere in linea con uno stato che si pone dalla parte dei giovani?