CAVE CANEM / Dopo la scuola un’estate di libertà, così piena da commuoverci per ogni particolare

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La questione dell’educazione dei tempi che viviamo è il tema di una nuova rubrica che chiameremo semplicemente CAVE CANEM (e leggendo scoprirete il perché di questo titolo). È proposta da docenti ed educatori cui interessa il rapporto con gli studenti, con la realtà e con l’attualità. Attraverso il legame con i ragazzi di UPpunto – che ospitiamo già da diversi mesi – è nata dunque l’idea di tenere questa nuova rubrica mensile che si intrecci alla loro e che tratti dell’emergenza educativa, quanto mai attuale e scottante, soprattutto in questo periodo. LA REDAZIONE

CAVE CANEM: “Estate, il tempo della libertà” di Tiziana Grillanda*

Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno

toglieva li animai che sono in terra

da le fatiche loro.

( Inf., canto II, vv. 1-3)

Sono i versi che mi accompagnano quasi quotidianamente nei momenti in cui passo dalla fatica del lavoro al riposo! Ora più che mai, perché in questo anno la fatica del lavoro scolastico è stata più grande, anche se più bella! Ho visto passare, davanti ai miei occhi attoniti, decine di ragazzi pieni di voglia di studiare e di capire! In tanti anni di scuola e studio con i giovani non mi era mai capitato. Sono i ragazzi della redazione di “Uppunto”, che scrivono sul settimanale “ravennanotizie.it” e si entusiasmano nella ricerca del significato di ciò che accade, gli studenti degli “Amici di Enzo” in video lezioni, i miei ex alunni che in mascherina approdavano nel giardino della mia casa, da sempre rifugio di giovani che mendicano un senso della vita (come mi dicono i vicini, incontrandomi per le strade del paese), i miei piccoli “cucciolotti”, Benny e Giulio, che accompagnavo ogni giorno a scuola e che durante il lungo tragitto mi tempestavano di domande .

“E ora che ne sarà

del mio viaggio?”

(Eugenio Montale, “Il viaggio”)

Ho nella memoria le parole di Luigi Giussani che ora sono diventate anche mie: “L’attesa delle vacanze documenta una volontà di vivere: proprio per questo non devono essere una “vacanza” da se stessi…”, un concetto chiaro e semplice: tempo libero è il tempo in cui uno non è obbligato a fare niente, non c’è qualcosa che si è obbligati a fare, il tempo libero è tempo libero. Quello che una persona – giovane o adulto – veramente vuole lo si capisce non dal lavoro, dallo studio, da ciò che è obbligato a fare, ma da come usa il suo tempo libero.

Allora in questo tempo di libertà siamo chiamati ad amare ancora di più la realtà che ci capita di vivere, perché la scegliamo noi, anche fosse un nuovo lavoro o una nuova fatica, piuttosto che il fascino del mare di Baricco, descritto nel suo romanzo “Oceano mare”: “Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare. Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa’ anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala ricchezze, non da’ risposte, è’ saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile. Ma soprattutto: il mare chiama. Non fa altro, in fondo, che questo: chiama. Non smette mai, ti entra dentro, ce l’hai addosso, è te che vuole.”

È me che vuole, così come ogni cosa o luogo che incontrerò “è me che vuole” e io non ho che il mio sì per “mettere il cuore in quello che faccio” come scrive Enzo Piccinini nel suo libro “Tu sol pensando o ideal sei vero”. Il mondo ha come scopo me ed è stato pensato per me, perché io voglio scoprire come è questo mondo e voglio conoscerlo per capire chi sono IO, perciò la mia libertà conquistata di questi giorni, mi può offrire finalmente me stesso, se solo lo desidero veramente.

Perché come ci suggerisce Pavel Florenskij nel suo libro “Ai miei figli”, tutta la realtà ci attrae:

“Sdraiato sui sassi e la ghiaia scaldata dal sole, osservavo il mare per ore e ore. Era solcato da strisce azzurro-acciaio…Da dove venivano quelle strisce? Bastava un attimo, per fargli mutare colore, bastava che una nuvola coprisse il sole perché si incupisse, palesemente scontento. Sulla sua superficie, come lucidi pesciolini rossi, si accendevano delle faville…”

Poi più avanti, mentre passeggiava con i suoi figli sulla riva del mare annotava “La cosa più bella erano LE PERLE VENEZIANE. Mediante quelle perle la materia del mondo mi insegnò ad amarla e ad ammirarla. E io la amai. Non la materia dei fisici, non gli elementi della chimica, ma la materia stessa, con la sua VERITÀ e la sua bellezza”.

Ecco auguro a tutti di poter vivere una estate di libertà, così piena da commuoverci per ogni particolare.

* Tiziana Grillanda, insegnante e collaboratrice dell’Associazione “Amici di Enzo”

Uppunto

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