I RAGAZZI DI UPPUNTO / A tu per tu con Matteo Tassinari che sta mettendo in scena un lavoro dedicato a Mozart insieme all’Officina della musica

Ospitiamo volentieri sul nostro quotidiano online – ogni lunedì – l’iniziativa patrocinata all’Associazione Amici di Enzo e portata avanti da un gruppo di studenti del Liceo Classico e del Liceo Scientifico di Ravenna, di Istituti Tecnici di Ravenna. LA REDAZIONE

Matteo Tassinari: vorrei che ciò che scrivo generasse un dialogo e delle domande, siamo nati per aprirci al mondo

Oggi la bellezza viene considerata in un modo, a parer mio, un po’ scontato, le persone vanno a teatro, al cinema, in tutti i luoghi in cui la bellezza si manifesta, e la trovano lì, preconfezionata, ma la mia domanda è: “Perché c’è? Perché un uomo nella sua vita ha sentito il desiderio di scrivere una sinfonia, che cosa voleva dire? Da cosa nasce quest’impeto? Perché io sento l’impeto di dover andare a condividere questa bellezza”. Gli uomini, a differenza degli animali hanno una forte propensione alla bellezza. È con queste parole che vi introduciamo Matteo Tassinari, autore dello spettacolo “Wolfgang” che sta mettendo in scena insieme all’Officina della musica di Ravenna per essere presentato a teatro nel prossimo futuro.

Qual è stato il tuo percorso di studi fino ad arrivare ad oggi?

“Io sono figlio di musicisti, la musica ha sempre fatto parte della mia vita, mio padre è clarinettista e ha insegnato clarinetto al conservatorio, ora lavora per la Fenice di Venezia. Io ho studiato musica da piccolo, studiavo al conservatorio e ho cantato per il loro coro. Dal punto di vista scolastico, però, ho seguito tutt’altra strada. Uscito dalle superiori non sapevo minimamente chi fossi, me la cavavo in quasi tutte le materie ma non sapevo che strada intraprendere. Sotto consiglio di mio padre, data la mia propensione alla scrittura e all’arte del parlare, mi sono iscritto a giurisprudenza. Diritto mi piacque moltissimo, mi sono appassionato alla legge che ritengo molto affascinante. Successivamente ho fatto pratica in uno studio legale e ho concluso il mio percorso con l’esame da avvocato. Diversi aspetti poi mi hanno portato a scegliere un’altra strada, ma la musica ha sempre fatto parte della mia vita e la mia passione negli anni è cresciuta nonostante non mi fossi approcciato veramente a quel mondo.”

Da dove nasce invece la tua passione per la scrittura?

“È molto particolare. Ai tempi dell’università facevo parte di una compagnia teatrale composta da amici, che si chiamava “I pochi ma buoni”. Lì, oltre a recitare, mi sono anche cimentato nella scrittura di alcune scenette comiche e ho scoperto che mi piaceva moltissimo. Dopo di che, negli anni, ho sentito il desiderio dirompente di scrivere quello che ero. Continuando a scrivere scenette comiche, che scrivo tuttora, ho sentito la necessità di poter tradurre in scrittura quelle che erano le mie esperienze, le mie emozioni, sotto forma di storia, riflessione oppure monologo, tutto da autodidatta. Mi appassionava scrivere storie inserendo anche le mie domande sulla vita, per condividerle, perché non c’è niente di più frustrante che scrivere una cosa e lasciarla in libreria. Al momento mi sto attivando per farmi conoscere, affinché nasca un dialogo, affinché le cose che scrivo possano in qualche modo provocare negli altri una domanda, oppure facciano dire, “No, non sono d’accordo”, purché nasca un dialogo. Questo lato per me è interessantissimo. La mia passione è nata quindi come desiderio spontaneo.”

Che rapporto hai con la scrittura?

“La scrittura rappresenta anche un tentativo di capire chi sono. Come dicevo prima, io uscito dalle superiori non sapevo cosa fare: un po’ per pigrizia un po’ perché volevo divertirmi, non avevo ancora preso seriamente l’esperienza della scuola, non mi ero mai posto il problema di cosa volessi fare nella vita. E ancora oggi non so quali siano i miei talenti, ho fatto bene tutte le cose che ho fatto, ma se le esperienze non le fai con una domanda, non ti dicono nulla. La scrittura mi ha fatto capire che forse il mio talento era quello, non giurisprudenza, non il mio attuale lavoro. Oggi sto cercando di capire se è così facendo cose sempre più belle, investendo su di essa, perché ho degli indizi che mi fanno pensare che quella cosa sia fatta per me. La scrittura magari può farmi capire quale possa essere la mia funzione nel mondo, usando un parolone, ma per spiegare che quando una persona nasce non lo fa per sé, nasce per aprirsi al mondo, questa è la mia opinione.”

I tuoi studi di giurisprudenza hanno in qualche modo influenzato il tuo lato artistico ed espressivo?

“No. In quello che scrivo c’è l’aspetto della vocazione, del desiderio, della chiamata, ma mai in rapporto a quello che ho studiato. La giurisprudenza si è rivelata una cosa anche molto divertente, devo essere sincero, ma le due cose non sono legate.”

Hai mai pensato di intraprendere un percorso di studi indirizzato alle arti, al teatro, alla musica?

“Sì, mi piacerebbe tantissimo recitare, l’altra mia passione sono i film, quando guardo un film lo guardo duecento volte, per capirlo in quanto forma d’arte e quindi di bellezza, perché credo che la bellezza parli, il cinema può parlare se ci immedesima, se si entra nei panni del personaggio capendo il perché delle sue azioni, emozioni. Questo lavoro di immedesimazione può dare dei suggerimenti alla propria vita perché ci chiediamo come avremmo reagito noi in quella determinata situazione. Questo può accadere con la musica, con il teatro, con la pittura. Tornando alla domanda per me è tardi per un percorso artistico, va approcciato molto prima, mi rammarico di non aver approcciato il mondo della recitazione e della scrittura in modo continuativo, con corsi per superare le mie mancanze, i miei errori, anche se credo – e non con arroganza – che gli errori non esistano, perché se io voglio scrivere una cosa in un certo modo nessuno potrà dire che è un errore, perché io volevo dare quel preciso significato.”

Da dove parte l’idea del tuo spettacolo su Mozart e perché proprio questo autore?

“Facendo teatro amatoriale-comico, a un certo punto è nato questo desiderio di scrivere qualcosa di me attraverso il teatro. All’inizio avevo pensato a uno spettacolo musicale per i bimbi, per farli appassionare alla musica. Avevo già visto il film su Mozart, che seppur spettacolare, era ben lontano dalla verità storica. Ho studiato la sua storia, ho cercato di capire chi fosse. Questo interesse, sommato a eventi personali accaduti in quegli anni, anche esperienze belle, dal desiderio di capire chi fossi, alla paternità, hanno dato vita allo spettacolo. Dentro c’è in primis il mio rapporto con la musica, che secondo me se viene approcciata in un certo modo parla e non ti lascia più uguale a prima. A Mozart inoltre sono particolarmente legato, mi ha sempre suscitato un fascino particolare, misterioso, per questo l’ho scelto, per incarnare le mie esperienze.”

È la prima volta che metti in scena qualcosa per il pubblico scritto da te?

“Ho scoperto una realtà fantastica che è l’Officina della musica a cui ho mostrato la mia proposta. Non erano i primi che leggevano lo spettacolo, ma tutti sostenevano che fosse un lavoro grosso, che servissero tanti partecipanti, ecc… L’Officina non si è fatta invece scoraggiare da questa cosa. É stata la prima volta che mi è stato detto di sì, in cui ho visto la volontà di metterlo in scena. Un’emozione grandissima.”

Che cosa vorresti che questo spettacolo lasciasse alle persone che lo guarderanno?

“Se anche solo uno del pubblico, sperando ovviamente nel tutto esaurito, uscisse dalla sala con una domanda in più sulla sua vita, per me sarebbe già un successo clamoroso. Questa è la bellezza, entri in un modo ed esci in un altro, anche leggermente diverso.”

Il tempo del covid pensi sia in un certo senso utile alla scrittura?

“Il tempo del covid mi ha stimolato in modo logocomico. Ho scritto un testo comico, una parodia dei comportamenti delle persone che in questo periodo sono diventati un po’ goffi. Da piccolo comico ho voluto enfatizzare queste tenere goffaggini, come per esempio l’istinto di allontanarsi da qualsiasi cosa. Lo facevo per sdrammatizzare, non per banalizzare, ovviamente. Le idee che mi sono venute poi successivamente, invece non derivano dal periodo del covid.”

Come riesci a coniugare professione e scrittura?

“È molto difficile. Ho anche due figli piccoli che non sono, quindi, ancora autonomi. Ho il tempo di pensare nei momenti di pausa, come nella doccia o quando ho in braccio mia figlia che dorme. In generale però quando sento l’ispirazione scrivo di getto. Posso stare anche giorni e mesi senza scrivere nulla, ma quando ho l’idea la devo buttare immediatamente giù. Quando ho iniziato a scrivere Wolfgang, ho buttato giù tantissime bozze per poi gettarle via. A un certo punto un’estate ho avuto una botta d’impeto, sono sceso al tabacchi a prendere un block notes, mi sono messo a cavallo del lettino e ho iniziato a scrivere una valanga di cose. All’epoca avevo più tempo e nei mesi seguenti l’ho potuto dedicare tanto alla scrittura dello spettacolo. Adesso immedesimarsi e riuscire a scrivere più è faticoso, anche per le nuove esigenze familiari, per ora si va avanti scrivendo nei ritagli di tempo, seppur ciò significhi impiegarne moltissimo per concludere un lavoro.”

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