Omotransfobia. NUDM, LibereDonne, Udi Ravenna, DIN e Arcygay scendono in piazza per sostenere il DDL Zan

NUDM, Associazione LibereDonne, Udi Ravenna, DIN e Arcygay  invitano tutti a una manifestazione pacifica e aperta in piazza Einaudi (via Diaz) alle 21 del 15 luglio: “Saremo lì con i nostri corpi e i colori arcobaleno, senza sigle nè simboli nè bandiere – dichiarano – In Piazza del popolo ci saranno infatti movimenti che si riconosce in #RestiamoLiberi per dire no al ddl Zan sull’omotrasfobia”.

“La risposta è necessaria – spiegano. – Il ddl contro l’omolesbotransfobia, misoginia e violenza di genere altrimenti detto legge Zan, dal nome del suo primo firmatario e relatore, modifica gli articoli 604-bis (legge Mancino) e 604-ter (legge Reale) del codice penale che puniscono i reati e i discorsi d’odio fondati su caratteristiche personali quali la nazionalità, l’origine etnica e la confessione religiosa. La nuova legge individua come atti discriminatori anche quelli basati “sul genere, orientamento sessuale o identità di genere”. Il testo affronta il tema con disposizioni che affondano il tema dal punto di vista culturale e di tutela delle vittime. Viene proposta l’istituzione di una giornata nazionale contro l’omotransfobia e la creazione di un fondo dedicato ai centri antidiscriminazione e case rifugio. Il testo aggiunge attività culturali in contesti lavorativi e scolastici e un monitoraggio condotto dall’Istat sull’andamento dell’omotransfobia. Sul ddl si è sviluppato un dibattito trasversale ai partiti e ha diviso il mondo femminista: le obiezioni sul contenuto hanno ricevuto ampio spazio sui media e un’adesione forte tra le associazioni pro-vita e di destra, che appunto si riconoscono nel movimento #RestiamoLiberi. La nostra risposta deve essere compatta e portata avanti con forza per ribadire che cosa noi intendiamo per essere liberi”.

“L’omolesbobitransfobia, come la violenza di genere, come la misoginia, – avanzano – non è un atteggiamento psicologico individuale, non è una violenza episodica ma è, purtroppo, sistemica e strutturale. Crea disuguaglianze sociali, economiche e mina la salute, intesa come “stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” (OMS).  Chi si oppone al ddl Zan è complice della violenza, dalle destre ultracattoliche (come quelle organizzate nelle piazze in questi giorni da #Restiamoliberi) a una parte del femminismo: “La tentazione di arroccarsi in difesa della “differenza” sessuale non è nuova e, come sempre, si tratta a guardare bene di un ritorno a forme tradizionali di femminilità” (Lea Melandri) pericolose per l’autodeterminazione delle donne e di tutti. Le forze reazionarie della campagna #Restiamoliberi vanno, tra l’altro, a minare innumerevoli aspetti della libertà per la quale lottiamo: il diritto di accesso all’IVG e GPA, la possibilità di vedere riconosciute le proprie famiglie o i propri affetti, l’educazione al genere nelle scuole, il diritto a non subire la rettificazione genitale alla nascita per le persone intersex, la piena depatologizzazione dei percorsi di transizione, l’eliminazione delle cosiddette terapie di riconversione, la nostra libertà di attraversare lo spazio pubblico e domestico senza paura, la libertà di autodeterminazione delle e dei rifugiat* LGBTQ”.

I movimenti femministi, transfemministi e lgbtqia si trovano insieme in piazza “per prendere parola insieme con le nostre differenze:

– accogliamo il tentativo di tutelare le soggettività che non si conformano alla violenza della norma eterosessuale socialmente imposta e alla divisione binaria uomo/donna.
– vogliamo “porre le basi per agire sulle vere cause del pregiudizio e dello stigma sociale: sessismo, misoginia, omofobia, bifobia, lesbofobia, transfobia.” (campagna dà voce al rispetto).
– vogliamo un cambiamento culturale a partire dalle scuole. Una revisione dei programmi e dei libri di testo, formazione per le insegnanti, educazione sessuale, affettiva e alle differenze, soldi. La scuola deve essere il luogo dove vengono abbattute le barriere di genere, classe, razza, orientamento sessuale.
– vogliamo possibilità materiali per le donne e le persone LGBTQ per emanciparsi economicamente dalle famiglie d’origine e per autodeterminarsi in una società eteropatriarcale: la redistribuzione è un risarcimento dovuto.
– sosteniamo la moltiplicazione dei “centri per il sostegno delle vittime di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere”, perché sappiamo che la mancanza di questi rappresenta un vuoto ingiustificabile. Da sempre persone trans, lesbiche, gay non hanno la possibilità di fruire di percorsi di fuoriuscita dalla violenza”.