Gli auguri di Pasqua dell’arcivescovo Ghizzoni: “Per uscire dalla pandemia facciamoci fratelli di tutti o ci perderemo”

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Riportiamo integralmente il messaggio che l’arcivescovo della diocesi di Ravenna-Cervia, Mons. Lorenzo Ghizzoni, ha rivolto ai ravennati e ai fedeli in particolare, in occasione delle imminenti festività pasquali.

Carissimi, arriva la Pasqua, inizia la primavera, l’atmosfera si riempie di luce e di calore. Vorremmo tornare a camminare insieme nelle piazze, nelle vie, magari sulle spiagge. I limiti ai movimenti e agli incontri con i parenti o gli amici, sono pesanti. Come le notizie di persone ben conosciute che si sono ammalate e sono decedute. Siamo arrivati alla seconda Pasqua segnata dalla pandemia, con una buona dose di tristezza e di insofferenza. Ci chiediamo: fino a quando durerà tutto questo?

Come affrontare questa prova? Una via è quella di accettare la realtà, vederla in tutti i suoi aspetti, anche se dolorosi. Per esempio, dobbiamo riconoscere che ci sono malattie, come questo virus, che le nostre potenti tecno-scienze non sanno sconfiggere. Anche utilizzando i vaccini, che sono una grande risorsa, dobbiamo accettare che non riusciremo a blindarci al cento per cento e che forse arriveranno altre malattie che renderanno insicuro anche il nostro futuro. Ma questa è la realtà: la condizione dell’uomo sulla terra è segnata dall’insicurezza, dall’imperfezione, dall’inquietudine. Ci voleva questo “tsunami”, per smascherare le nostre illusioni di dominare la natura e di poter raggiungere un benessere inattaccabile. I milioni di persone decedute in tutto il mondo ci mettono di fronte alla realtà della morte e della nostra impotenza: è inutile cercare colpe in trame oscure o in verità manipolate a servizio di non si sa bene chi.

Siamo chiamati ad aprire gli occhi su questa realtà, per accettarla, anche se ferisce il nostro orgoglio e il bisogno di sicurezza. La seconda via necessaria per affrontare questa situazione, è prevenire le conseguenze. Saranno colpiti, i più vulnerabili per salute, età, precarietà lavorativa, per povertà di risorse anche morali e per mancanza di garanzie sociali. Occorreranno scelte anche dolorose, per cambiare modi di vita e di lavoro, modelli di relazioni sociali, e imparare a rispettare il creato con le sue leggi e non avvelenarlo.

Ci vorrà, come dice Dante, e la Bibbia, molta sapienza e molto “amore per la giustizia (sociale) per chi governa la terra” (cfr. Sap. 1,1; Paradiso XVIII, 91).

Ci vorrà però anche una reazione personale e collettiva, per superare, la sfiducia, la rabbia. La terza via, infatti, per affrontare l’epidemia e le sue conseguenze umane e sociali, sarà quella dell’unione tra noi, dell’aiuto reciproco, del condividere la sofferenza e lottare insieme, oltre le differenze personali, o di ideologie, di etnie o di nazionalità. Sperimentiamo ogni giorno che i nostri problemi li possiamo affrontare solo se collaboriamo andando oltre la nostra regione, oltre l’Italia, oltre l’Europa, e ci apriamo a una nuova fraternità a livello mondiale. Solo un patto di unione, tra le nazioni e i popoli, guidati però da governanti che rispettino i diritti delle persone e delle comunità, ci permetterà di sopravvivere dignitosamente nel mondo che verrà, e la questione è urgente. La pandemia lo dimostra. O ci facciamo fratelli di tutti o ci perderemo.

Carissimi, l’annuncio della Risurrezione del Signore Gesù, anche lui passato attraverso la morte e il sacrificio di sé stesso per il bene di tutta l’umanità, ci rivela che la felicità si raggiunge nel dono di sé all’altro, non nell’affermazione egoistica di sé stessi. Guardare al Cristo morto e risorto, ci spinge verso la logica dell’ama il prossimo tuo come te stesso. Fino in fondo, finché la vita dell’altro non sarà curata e custodita, amata e servita, come un bene prezioso. Solo così si “salverà” il mondo dalla decadenza e dalla morte e ci sarà speranza e vita.

Noi credenti in Cristo, nel Cristo vivo, dobbiamo essere i primi ad accettare la realtà, anche se dolorosa; a farci carico delle sue conseguenze; a progettare stili di vita nuovi, più alti e più umani; a cercare la giustizia anche qui nella città terrena, ad allargare i cuori e le braccia verso tutti i fratelli e le sorelle, soprattutto se più poveri o deboli, a dare testimonianza che solo nel dono sincero di sé, anche se comporta lotte e sacrifici, ogni persona si ritroverà più realizzata e felice. E il mondo sarà migliore.

Noi ci crediamo, perché abbiamo la vita di Cristo risorto in noi. Buona Pasqua di risurrezione a tutti voi.

Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo

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  1. Scritto da Aldo

    Auguri