Potenziata a Faenza l’integrazione tra i nodi della rete socio-sanitaria: è attiva la Centrale Operativa Territoriale (COT)

Più informazioni su

Più integrazione tra professionisti e maggiore prossimità per garantire al cittadino una presa in carico tempestiva e globale. E’ ciò a cui punta la Centrale Operativa Territoriale distrettuale di Faenza – definita ‘spoke’ in termini tecnici – e che va ad integrare un percorso iniziato a livello provinciale con l’apertura ad inizio febbraio di quella Hub di Ravenna, centro di riferimento che svolge anche una funzione di coordinamento in relazione all’offerta dei servizi in un livello sovra distrettuale.

Ausl Romagna informa che COT “rappresenta prioritariamente la chiave per il coordinamento tra ospedale e territorio, assicurando le connessioni necessarie per la presa in carico di pazienti con bisogni complessi. Il team dei professionisti dedicato è composto da infermieri, assistenti sociali dell’Azienda e del Comune in integrazione con i medici responsabili del piano di cura del paziente; sono professionisti adeguatamente formati alla risposta telefonica con funzione di triage, come pure alle valutazioni multidimensionali d’equipe e alla progettazione degli interventi.
La COT garantisce al cittadino la presa in carico e la continuità delle cure, in particolare nella fase di transizione, tra un setting di cura ad un altro; assicura l’appropriatezza dei contesti di assistenza e ai professionisti coinvolti un contesto organizzativo che consente di sviluppare una modalità di interazione, valutazione e decisione in merito agli interventi più appropriati in relazione alle esigenza della singola persona e alla famiglia di riferimento.

La COT del Distretto di Faenza è situata in Largo Portello 1, al primo piano della palazzina 16 presso la sede del Distretto di Faenza, in locali rispettanti i requisiti richiesti con adeguamenti della segnaletica beneficiando di un finanziamento di 5000 euro da fondi PNRR. E’ operativa dal lunedì al venerdì, dalle ore 8 alle 16 e il sabato mattina dalle 8 alle 14.

Il modello organizzativo (11 quelle pianificate dalla AUSL della Romagna, di norma una per Distretto ad eccezione di alcuni distretti che in relazione al contesto oro-geografico ne avranno un numero superiore) trova le sue radici all’interno del DM 77 – il decreto ministeriale che illustra il potenziamento dell’assistenza territoriale – e rappresenta la chiave per l’integrazione interna tra la filiera dei servizi e i professionisti coinvolti nei diversi luoghi e livelli di cura, assicurando continuità, accessibilità e complementarietà dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.

La COT quindi rappresenta una vera e propria “regia”, che si prende cura dei diversi bisogni del paziente, organizzando le risposte più appropriate dove i sanitari o l’assistente sociale che per primi vengono a contatto col cittadino e raccolgono un nuovo bisogno di salute (anche temporaneo) attiva la COT che mette in rete le risorse per individuare la miglior soluzione. Inoltre la COT diventerà una delle principali interfacce con il Servizio 116117 attualmente in fase di progettazione operativa e che potrà aiutare ad orientare e supportare il cittadino nell’accesso ai servizi sanitari a bassa complessità e più in generale alla rete socio-sanitaria”.

L’attivazione

Chi può contattare la Centrale Operativa Territoriale? “Non il privato cittadino, ma uno dei soggetti che si stanno occupando della sua assistenza, vale a dire il medico o pediatra, un ospedale o altri nodi della rete sociale e sanitaria” -precisa un portavoce Ausl scendendo nei particolari- “Può essere attivata infatti da tutti i professionisti del territorio e dell’ospedale, sia di ambito sanitario che sociale: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, assistenti sociali, ospedale, Pronto Soccorso, medici di continuità assistenziale, infermieri di Comunità, specialisti, altri professionisti sanitari della rete.

I destinatari della sua attività sono i cittadini cosiddetti “fragili”, persone prevalentemente anziane, o con disabilità o malattie invalidanti, che nella maggior parte dei casi presentano un quadro composto da più patologie e dunque richiedono di prendersi cura di loro a 360 gradi. L’obiettivo è anche di mantenere il più possibile la persona dentro al proprio contesto di vita e alla rete relazionale.

Ad esempio, il medico di medicina generale può aver bisogno, per un suo paziente, di attivare un percorso in Ospedale di Comunità o l’assistenza di infermiere e OSS domiciliare; oppure, per un cittadino che rientra dall’ospedale dopo una fase acuta della sua patologia, è necessario organizzare al meglio il ritorno a casa con un letto, una carrozzina e la visita dell’assistenza domiciliare e dell’OSS: in questo ultimo caso a contattare la COT può anche essere lo stesso reparto ospedaliero. Può esservi invece un paziente anziano che, dopo incontro col servizio sociale, va collocato in una struttura residenziale perché la rete famigliare non è più in grado di provvedere a tutti i suoi bisogni e quindi in questo caso si attiva un percorso di valutazione. Ancora, un paziente purtroppo allo stadio terminale della malattia, che necessita di un percorso di sollievo dalla sofferenza, tramite l’attivazione dell’équipe di Cure palliative domiciliare e il sostegno del volontariato dedicato per lui e i suoi caregiver.”

Più informazioni su