Alessandro Bovolenta a cuore aperto: “Gli insegnamenti di mamma Federica hanno dato i loro frutti”

Il campioncino dedica il premio di mvp vinto agli europei ad ogni singolo membro della squadra

Il giovanissimo Alessandro Bovolenta, classe 2004 ha portato l’Italia under 20 di volley alla vittoria dei campionati europei organizzati dal Belpaese nell’anno corrente. Il successo degli azzurri è arrivato contro la Polonia a Montesilvano, in Abruzzo, al culmine di un torneo che ha visto la nazionale juniores crescere progressivamente. In questa crescita va annoverata l’esplosione del 18enne figlio d’arte Alessandro Bovolenta (il papà Vigor Bovolenta soprannominato il Gigante del Polesine e pilastro della Nazionale di Julio Velasco scomparso prematuramente in campo nel 2012) nominato miglior giocatore dei campionati europei. Un premio che Alessandro non considera solo motivo di vanto ed orgoglio personale ma piuttosto come un riconoscimento che lui stesso vorrebbe assegnare a tutti i membri della Nazionale under 20. Il fattore ‘gruppo’ infatti è stato uno degli elementi fondamentali che hanno permesso alla compagine tricolore ed al talentuoso schiacciatore capitolino di balzare agli onori della cronaca internazionale. Bovolenta ha chiuso il torneo continentale con un bottino di 106 punti (saltando la partita con la Polonia nel girone per un leggero infortunio) risultando top scorer in tre gare. In forze alla Porto Robur Costa Alessandro si appresta a disputare la stagione in A2 dopo la recente apparizione in Superlega proprio con la squadra bizantina.

alessandro bovolenta

L’INTERVISTA

Alessandro quali insegnamenti hai tratto dalla vittoria ai campionati europei con la nazionale?

“Innanzitutto l’importanza di essere tranquilli in campo anche nei momenti più difficili. Inoltre ho compreso maggiormente l’importanza per la squadra di essere un gruppo dentro e fuori dal campo. Il team inteso come una famiglia si rivela un fattore chiave se tutti i membri ci credono. Infine direi la sconfitta e la vittoria, che sono due insegnamenti fondamentali da apprendere. Sin dallo scorso anno ci siamo imbattuti in entrambe le esperienze e penso siano state occasioni fondamentali per crescere”.

Sei stato nominato miglior giocatore del torneo. Attribuisci un particolare significato a questo riconoscimento?

“L’mvp è stato un plus. Non avrei mai potuto ottenerlo senza il gruppo, senza lo staff e i 105 giorni che abbiamo vissuto assieme facendo allenamenti sia la mattina che la sera. Definisco il riconoscimento di mpv un plus perché senza vittoria finale non l’avrei vissuto altrettanto bene come ora. Non nascondo che mi faccia decisamente piacere aver vinto il titolo di mvp, un riconoscimento che è arrivato anche e soprattutto perché ho giocato bene. Tuttavia stiamo parlando di un premio individuale che conta meno rispetto alla vittoria. Dedico questo premio al gruppo, vorrei darlo ad ogni singolo membro della società. Anche ai giocatori che non erano presenti al torneo per scelte tecniche”.

nazionale Under 20-21 la Yeof (European Youth Olympic Festival - Bovolenta

Ci sono personaggi del mondo del volley cui sei particolarmente grato?

“Te ne cito due. Julio Velasco, che nei momenti belli e quelli difficili la scorsa estate ci è sempre stato vicino. Ricordo ad esempio la sconfitta rimediata contro la Francia: in quell’occasione Julio ci ha insegnato a rialzarci dopo una brutta sconfitta. Julio prima di ogni partita ci ha sempre  fornito grande carica e penso sia stato il numero uno nell’insegnarci la tecnica e la psicologia giusta per stare in campo. Il secondo nome che spendo è Matteo Battocchio perché ci ha sempre seguito come fosse un fratellone dandoci i giusti spazi per crescere in autonomia”.

Il debutto con la squadra ravennate in Superlega la scorsa stagione è stato davvero improvviso…

“Infatti quello dell’anno scorso non lo reputo un esordio vero e proprio. Mi buttarono letteralmente in campo chiamato a ricoprire un ruolo che oltretutto non era mio. Tuttavia non mi sono sottratto alla sfida e sono comunque contento di aver raggiunto la massima serie. Spero di esordirci prossimamente”.

Avete particolari ambizioni?

“Speriamo di arrivare più in alto possibile perché abbiamo una squadra giovane che ha voglia di crescere e vincere, che è quello che cercano la società e i tifosi di Ravenna. La vittoria e partire subito aggressivi in stagione sono nostri obiettivi”.

alessandro bovolenta

Sei nato a Roma. Mantieni un rapporto speciale con la Capitale?

“Sì. Nonostante non vi abbia trascorso molto tempo in vita mia ci torno tutte le estati per stare con i parenti, i nonni e i tanti amici che ho là. Penso di avere un rapporto stretto con Roma anche perché il club calcistico per cui faccio il tifo è proprio la squadra giallorossa. La città mi piace molto e credo sia tra le più belle al mondo”.

La famiglia da cui provieni è numerosa e votata alla pallavolo…

“Sono il primo di cinque fratelli. Arianna s’è trasferita a Roma giocando dallo scorso anno nel Volleyrò Casal de Pazzi ed è stata convocata in nazionale in occasione di un torneo di qualificazione europea. Le gemelline Angelica e Aurora militano nella squadra di Ravenna e Andrea ha iniziato a giocare a pallavolo quest’anno. Insomma tutta la famiglia gioca a pallavolo”.

La vostra mamma Federica Lisi è sempre stata un punto di riferimento per voi tutti. Ex giocatrice di volley, peraltro…

“La mamma ci accompagnava a scuola e ci ha insegnato tantissime cose. E’ il nostro punto di riferimento da sempre ed è come se fosse l’autrice di ciò che siamo ora. Ci ha trasmesso valori importantissimi che travalicano lo sport e ci ha sempre sostenuto in quello che volevamo fare. Non credo che la pallavolo sia solo una questione genetica nella nostra famiglia. Mia sorella Angelica era partita con la danza ad esempio, io col calcio. Ma la mamma ci ha sempre seguiti dando il meglio di sé stessa”.

Secondo te perché le persone hanno molte difficoltà nel comprendere che padre e figlio sono due persone diverse?

“Non so rispondere se non affermare che me lo domando spesso anch’io. Sto cercando di ritagliarmi le mie singolarità e individualità, aspetto molto importante per tutti i figli d’arte penso. Ogni persona cerca di essere sé stessa. Penso che nella nostra cultura sia troppo generalizzato il legame tra padre e figlio. Il mio ad esempio è un rapporto madre-figlio, quindi mi chiedo: perché insistere sempre sul padre?”

Le azzurre del volley a tutti i livelli vanno alla grande. Cosa ammiri più di loro?

“Il saper fare gruppo, partendo dalle nazionali più giovani. Il gruppo fa la forza e stiamo parlando di ragazze cresciute tutte assieme. Gruppi che potranno dare grandi soddisfazioni e non posso che augurare loro buona fortuna”.

Quando hai capito che fare il portiere non sarebbe stata la tua strada?

“Fu una decisione istintiva. Semplicemente mi resi conto che il calcio non faceva per me. Ero un bambino facevo il portiere e tornavo sempre a casa con croste sulle gambe e graffi dappertutto. Un giorno ne ebbi abbastanza e mi dedicai alla pallavolo. Tuttavia ci tengo a precisare che il calcio è il secondo sport che amo di più e lo seguo sempre”.

Il numero 7 sulla maglia. Perché?

“In occasione dei Mondiali lo scorso anno chiesi l’8, ma il numero era già occupato. Così presi il 7. Al torneo giocai bene e quest’anno abbiamo addirittura vinto gli europei, quindi ho deciso di tenere il 7 come numero portafortuna”.