“Mamma e papà hanno il coronavirus, ho paura”, “bene la DaD, ma siamo soli”: i pensieri dei piccoli secondo la Garante per l’Infanzia dell’ER

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Coronavirus e lockdown non hanno fermato l’impegno della Garante per i minori e l’infanzia della Regione Emilia-Romagna, Clede Maria Garavini.

Il 2020, primo anno alle prese con il Covid e le conseguenti necessità di mantenere il distanziamento sociale per ridurre la diffusione della malattia, hanno visto una forte attività della Garante che, nonostante i repentini cambiamenti imposti dall’irruente comparsa del virus, ha saputo adattare strumenti e modalità di lavoro al nuovo contesto, senza far venire meno impegno e qualità dell’attività svolto a sostegno dei più piccoli.

La conferma arriva dall’annuale relazione che oggi Garavini ha presentato alla competente Commissione per la parità e per i diritti delle persone, presieduta da Federico Alessandro Amico: un documento denso di numeri e di riflessioni che dà la cifra del meticoloso e certosino lavoro di Garavini nei 12 mesi del 2020.

“Abbiamo dovuto fare fronte a una situazione emergenziale che ci ha travolto come un trauma, comprimendo e alternando le relazioni della vita”, spiega Garavini, che ricorda come “i nostri bambini sono stati privati del loro mondo”.

Scorrendo la relazione si ha anche un’idea di come sia cambiata la nostra società in quest’anno e mezzo di coronavirus e di come, a fianco ai danni all’economia e all’emergenza sanitaria, ci sia stato un altro “terremoto”, più sottotraccia, ma altrettanto drammatico: quello che ha colpito le bambine e i bambini dell’Emilia-Romagna.

Insieme a Unicef e al Centro Alberto Manzi la Garante ha mappato le emozioni e i pensieri dei più piccoli durante il “duro lockdown” della primavera 2020: ne sono emerse ansie e paure legate non solo e non tanto alla malattia in quanto tale ma alla paura di essere dimenticati. Come se l’emergenza sanitaria facesse passare in secondo piano anche tra le mura domestiche i loro sentimenti e il loro bisogno di affetto.

Le risposte alle domande su come hanno vissuto il lockdown sono state molteplici, ma unite da questo filo rosso: “la didattica a distanza va bene ma siamo soli”, “mamma e papà hanno il coronavirus e devo star loro lontana: ho paura”, “gli adulti non ci capiscono”.

Tanti segnali di criticità a cui l’Ufficio della Garante ha provato a dare risposte dirette e formative non rinunciando, nemmeno nei mesi più duri con i contagi in aumento esponenziale, a relazionarsi: ne sono nati 8 eventi pubblici (tra presenza e on line) e 500 ragazzi contattati e incontrati. Uno sforzo notevole, per dare il segnale della capacità di adattare la normalità alla situazione eccezionale.

Nel corso del 2020 l’ufficio diretto da Clede Maria Garavini ha ricevuto 170 segnalazioni (136 casi singoli, 34 collettivi) di problemi riguardanti adolescenti. Facendone uno studio analitico si scopre che sono equamente divisi tra maschi e femmine, le province più popolose hanno più casi (record a Bologna con 66 segnalazioni, seguita da Reggio Emilia e Modena con rispettivamente 14 e 13 casi) e per gli “oggetti” si vede che a fianco dei temi tradizionali (problemi di relazione con i servizi sociosanitari e conflitti conseguenti a divorzi e separazioni) aumentano i casi legati ai problemi con il web e i social media (pubblicazione dei nomi dei minori in violazione delle leggi sulla privacy, violenze e bullismo cibernetico).

L’attività di Garavini è proseguita con determinazione anche sul versante dell’intervento verso i minori soli non accompagnati: 551 casi (in costante calo dal 2018 quando erano 792, e poi 607 nel 2019) che confermano l’Emilia-Romagna come la quarta regione con il maggior numero di minori soli non accompagnati alle spalle di Sicilia, Friuli Venezia-Giulia e Lombardia.

Nel 2020, nonostante la pandemia, è proseguita anche l’attività di nomina dei “tutori volontari” da parte del Tribunale dei minori: 15 nuovi tutori per altrettanti bambini e bambine i cui 11 a Bologna, 2 a Ferrara e uno ciascuno a Parma e Piacenza.

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Commenti

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  1. Scritto da Leo

    Forse andare a scuola fino alla fine del mese magari programmando attivita di gruppo sarebbe stato un bel segnale cari insegnati che avete comunque percepito stipendi e senza che mai nessuno faccia notare che il vostro impegno e di 28 ore settimanali e tante tante ferie