Lavoro, tante donne lo lasciano ancora per prendersi cura dei figli in Emilia Romagna

Nel 2015 sono state 3.522 convalide di dimissioni presentate da lavoratrici in gravidanza e lavoratori con figli fino a 3 anni di età: 2.509 donne e 1.013 uomini. A Ravenna 316 casi, poi Forlì-Cesena (277) e Rimini con 232

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Le donne lasciano (ancora) il lavoro per prendersi cura dei figli appena nati. Gli uomini, invece, spesso cambiano azienda perché non vanno d’accordo col capo. E’ questa la fotografia che emerge dai dati raccolti dalla direzione territoriale del lavoro di Bologna e che riguarda l’intera Emilia-Romagna. Una statistica presentata in Regione nel corso di un seminario organizzato dall’ufficio delle consigliere regionali di parità. Nel 2015 sono state 3.522 le convalide di dimissioni presentate da lavoratrici in gravidanza e lavoratori con figli fino ai tre anni di età: 2.509 sono donne, 1.013 uomini. La maggior parte delle dimissioni (55%) avviene tra i 26 e i 35 anni e riguarda soprattutto le italiane (55%). 

Tra gli stranieri i numeri sono ancora piuttosto limitati, tanto che gli uomini italiani che si dimettono sono di più di tutti i lavoratori stranieri messi insieme (uomini e donne, europei ed extra Ue). La gran parte delle convalide riguarda lavoratori e lavoratrici che hanno un solo figlio, per lo più (2.040) nel primo anno di vita, quando vige il divieto di licenziamento. Ma oltre 1.500 genitori lasciano il lavoro quando il bambino ha un’età tra uno e tre anni.
Le dimissioni avvengono più di frequente in aziende piccole (1.839 in imprese con meno di 15 dipendenti), quando si ha poca anzianità di servizio (fino a 10 anni) e minore qualifica: sulle 2.500 donne che hanno detto “basta”, 1.241 erano impiegate e 1.127 operaie.
Non è un caso, del resto, se la principale motivazione legata alle dimissioni da parte delle lavoratrici è il non accoglimento al nido del figlio: 655 casi, solo nove invece gli uomini. Ma pesano anche la mancanza di un aiuto da parte della famiglia per la cura del bambino (462 donne, 15 gli uomini) e i costi troppo alti da sostenere per pagare l’asilo o una baby-sitter. 

Le dimissioni per il passaggio ad altre aziende riguardano invece 630 uomini e 622 donne. Inoltre, una larga fetta di lavoratori maschi giustifica le dimissioni con i “cattivi rapporti con i superiori”. Molto ridotta poi la richiesta di part-time: solo 288 donne e 13 uomini hanno fatto domanda, peraltro respinta in più della metà dei casi. Le dimissioni sono più frequenti nei settori dei servizi (35%), del commercio (33%) e dell’industria (20%).

A livello provinciale, la maggior parte delle convalide è avvenuta a Bologna (845), seguita Modena (624), Reggio Emilia (460), Parma (346), Ravenna (316), Piacenza (280), Forlì-Cesena (277) e Rimini (232). Chiude Ferrara con 142 dimissioni, grazie anche alla “stretta collaborazione tra la direzione del lavoro e la consigliera di parità della provincia”, spiega Luigina Lillo, responsabile area Politiche del lavoro della Dtl di Bologna, che intercettano le “dimissioni non genuine e cercano una soluzione per non far dimettere la lavoratrice”.
La maggior parte di chi lascia il lavoro inoltre dichiara di non aver avuto un incentivo all’esodo. Sulle oltre 3.500 dimissioni a livello regionale nel 2015, la quasi totalità (3.362) risulta volontaria (2.404 donne). Ma spesso, soprattutto per quanto riguarda le lavoratrici, il confine tra dimissioni volontarie o condizionate è sottile, come sottolinea Rosa Maria Amorevole, consigliera di parità della Regione. 

“Le dimissioni dovrebbero essere un gesto di libertà – aggiunge Anna Rita Tinti, docente di Diritto del lavoro all’Alma Mater di Bologna – ma dietro possono esserci pressioni o condizionamenti sottili. Spesso le dimissioni sono una scelta di rinuncia del posto di lavoro”, la cui responsabilità “è del datore di lavoro ma anche del contesto sociale”.
La situazione emiliano-romagnola rispecchia l’andamento generale a livello italiano, dove nel 2014 è stata registrata “una tendenza all’aumento delle convalide – spiega Roberta Fabrizi, direttore generale dell’ispettorato del ministero del Lavoro – con una netta prevalenza di madri in età fra i 26 e i 35 anni, con pochi anni di servizio e in aziende piccole”.
Un fenomeno più frequente soprattutto nelle regioni del nord e del centro. “Ma rispetto al 2013 sono aumentate anche le mancate convalide”, sottolinea Fabrizi. Segno forse che c’è una maggiore attenzione a possibili casi di discriminazione. 

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