Ancisi (LpRa): i 14 appartamenti concessi ai richiedenti asilo vanno ridati all’edilizia popolare

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Sugli alloggi popolari concessi ai richiedenti asilo che poi si mettono nei guai con lo spaccio di droga, Alvaro Ancisi di Lista per Ravenna non lascia ma raddoppia. Dopo il question time – presentato nei giorni scorsi e che sarà discusso domani in Consiglio comunale – Ancisi ne presenta un secondo sullo stesso argomento, ancora più circostanziato, con cui lamenta che “14 appartamenti sono sottratti all’edilizia popolare.” In questo modo, dice Ancisi “ho prodotto, con un altro question time, un’analisi sul fenomeno degli immigrati richiedenti asilo che delinquono, richiedendo alle Autorità competenti la loro espulsione, immediatamente, dal sistema dell’accoglienza umanitaria e in tempi rapidi dall’Italia, da estendere a quanti, ugualmente beneficiari di assistenza umanitaria, li ospitano o sono conniventi.” 

Ancisa aveva citato cinque fatti concatenati, tre dei quali avvenuti negli alloggi di via Gulli 139. “Venerdì scorso, si è poi saputo di altri tre richiedenti asilo arrestati nella stessa zona per spaccio di droga. La situazione è quindi fuori controllo. – sostiene l’interrogante – L’aggravante non è solo che si tratta di giovani alloggiati, mantenuti, istruiti e curati in toto dallo Stato col sistema di massima protezione (SPRAR), i quali dunque delinquono non per fame o stenti; ma anche che le cooperative pagate dal Comune per gestirli e assisterli non vigilano attentamente come dovrebbero sui loro comportamenti, modi e ambienti di vita, in modo da prevenirne derive malavitose. È perciò ora che il Comune faccia valere i contratti d’appalto stipulati con tali imprese, ne controlli il pieno adempimento e ne sanzioni le inadempienze.”

A monte c’è però per Ancisi una scelta del Comune di maggiore gravità: “Tra lo SPRAR (sistema di protezione stabile) e i CAS (centri di assistenza straordinaria temporanea) lo Stato ha assegnato a Ravenna 434 posti di accoglienza per richiedenti asilo, pagando al Comune una quota base giornaliera di 35 euro per ciascun immigrato ospitato, comprendente anche la disponibilità delle abitazioni. Messa in appalto dal Comune la gestione del servizio, le imprese concorrenti ai vari lotti avrebbero dovuto, incassando tale cifra (salvo modesti ribassi da loro offerti in sede di gara), procurarsi gli immobili necessari: appartamenti da pochi posti per gli SPRAR, locali più grandi o edifici per i CAS. Ma questo è avvenuto solo per i 350 posti dei CAS, mentre per gli 84 posti dello SPRAR la Giunta comunale ha deliberato che gli alloggi fossero messi a disposizione da ACER, l’azienda pubblica che gestisce le case popolari. Ad essa, tramite una convenzione, il Comune paga i relativi canoni di affitto, nonché le spese di gestione, di condominio e di gas, luce ed acqua, trattenendone le somme da quanto gli versa lo Stato. Si tratta di 19 appartamenti, tutti a Ravenna, di cui solo 5 di proprietà privata. Sono di proprietà del Comune gli altri 14, di cui 12 concentrati in via Gulli o in strade adiacenti. Alcuni sono diventati spaccio di droga. È stata una decisione infelice. Innanzitutto fuori legge: sia perché la convenzione con ACER è di competenza del Consiglio comunale, che non ne sa niente; sia perché gli alloggi del Comune, consegnati ad ACER ad uso di casa popolare (ERP), non hanno niente a che fare con l’assistenza SPRAR, come dimostra lo specifico regolamento di assegnazione.”

“Più gravi ancora sono le contraddizioni con le ragioni sociali. – aggiunge Ancisi – Le case popolari sono destinate alle famiglie che risiedono stabilmente a Ravenna e che non riescono da sé ad avere un tetto dignitoso. Ce ne sono 1.194 in graduatoria, a cui sono ammesse solo perché hanno un basso reddito. Nemmeno il 10% riesce ad ottenere l’alloggio, anche se molti l’attendono da anni. Si aggiungono numerosi altri casi, più disperati, di “emergenza abitativa”, spesso per sfratti. 14 appartamenti sottratti all’edilizia popolare sono dunque un furto politico. Averli concentrati in zona Gulli, dove i problemi di degrado sociale, la droga in primis, erano già acuti per chi ci vive onestamente, in gran parte anziani, spesso soli, vuol dire aver sottoposto i giovani immigrati stessi alle lusinghe dei facili guadagni, tragiche per il loro futuro, danneggiando anche i compagni che si comportano bene, accomunati ora nei giudizi a dir poco risentiti dei residenti.”

“Laddove l’integrazione è fallita – ed era da mettere in preventivo date le condizioni di partenza – le famiglie dei condòmini arrivano a subire situazioni di convivenza infernali, giacché la malvivenza si accompagna spesso al disordine, al disprezzo di ogni regola di comunità, all’arroganza, alle minacce. Altro che la “Nuova Darsena” declamata. Nei palazzi in cui questi appartamenti sono inseriti, molti condòmini sono diventati proprietari della loro abitazione, avendovi spesso investito i faticosi risparmi di una vita. Il loro bene, in caso di necessità, subirebbe quanto meno una grande svalutazione. Tante sono dunque le motivazioni per chiedere al sindaco: a) ragione di quanto sopra esposto; b) se non creda opportuno, riconoscendo onestamente l’errore, recedere dalla convenzione con ACER e destinare a chi ne ha il diritto i 14 appartamenti di casa popolare in questione” conclude Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna.

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