La disoccupazione è alle stelle ma in riviera mancano 10mila lavoratori: perchè? La voce di datori di lavoro e sindacati foto

Ad ogni nuova stagione estiva si ripropone lo stesso enigma: la disoccupazione, soprattutto giovanile, in Italia è alle stelle, ma i datori di lavoro, gestori di ristoranti, alberghi e stabilimenti balneari non trovano manodopera, anche qualificata, in misura adeguata alle proprie esigenze.

La questione è la stessa sui lavori annuali: le bacheche delle associazioni di categoria datoriali sono piene di posizioni da coprire, ma non si trovano lavoratori.

Le responsabilità si rimpallano tra datori di lavoro e lavoratori: i primi hanno a lungo incolpato il reddito di cittadinanza di far “preferire il divano al lavoro”, i secondi da tempo accusano situazioni di sfruttamento, con la diffusione di condizioni di lavoro indecorose, sia dal punto di vista delle tutele, che degli stipendi, soprattutto nel comparto del turismo stagionale.

La verità è imperscrutabile e forse sta nel mezzo, ma il cortocircuito esiste, è evidente e mette in crisi sia chi il lavoro lo cerca, che chi lo offre. Al di là della difesa delle singole posizioni, andrà risolto, se si vuole rilanciare la crescita occupazionale ed economica.

LA POSIZIONE DI CONFESERCENTI

“Sulla riviera romagnola mancano dagli 8 ai 10mila lavoratori – dichiara Monica Ciarapica, presidente provinciale di Confesercenti e albergatrice -. Anche quest’anno abbiamo passato l’inverno a fare colloqui, ma gli accordi verbali stretti non vengono quasi mai rispettati. Le aziende che pensavano di aver pianificato il proprio organico, si ritrovano scoperte. Un po’ di defezione fisiologica è naturale, ma ormai la rinuncia a quanto concordato a voce è la regola, nel momento in cui si potrebbe arrivare a firmare il contratto”.

Secondo Ciarapica, la pandemia ha aggravato il problema: nei lunghi mesi del lockdown del 2020 molti lavoratori del commercio e del turismo, chi era abituato a fare le stagioni al mare ma anche nelle città d’arte, come Ravenna, si è trovato appiedato, con tutti i locali a serrande abbassate e si è dovuto reinventare.

“Molti di quei lavoratori non sono più tornati a lavorare nel turismo e li abbiamo persi. So che il lavoro stagionale è spesso ritenuto un “ripiego”, in attesa di trovare occupazioni continuative, ma noi quelle figure le ricerchiamo ogni anno, investiamo nella loro formazione e le riconfermeremmo volentieri di stagione in stagione. Abbiamo bisogno di lavoratori qualificati, che ovviamente vanno trattati nei giusti termini economici e di tutela”.

La presidente di Confesercenti punta il dito su due fattori diversi: da un lato la minore disponibilità dei giovani al lavoro stagionale, anche quelli delle scuole professionali del turismo: “un tempo in Romagna era automatico che chi studiava passasse l’estate a lavorare negli stabilimenti balneari o in altre attività stagionali. Oggi non è più così, il mondo è cambiato”.

Dall’altro, la riforma della disoccupazione: “prima, c’era chi sceglieva di lavorare come stagionale, sapendo di poter contare su un sussidio che copriva adeguatamente i restanti mesi, nei quali si dedicava ad altro”, dallo studio ai viaggi per i più giovani, alla famiglia per gli adulti. “Andrebbe messa mano a livello nazionale alle politiche per il lavoro – sottolinea Ciarapica – ascoltando anche le esigenze del settore turistico, formato da datori di lavoro e lavoratori”.

Sull’assunzione dei giovani sottolinea: “Non è possibile che persone alla prima esperienza lavorativa costino come personale formato. Noi investiamo volentieri sulla loro formazione, perché diventano una risorsa, anche per il futuro, ma almeno nel primo mese di lavoro non sono figure autonome e pienamente operative. Inoltre, se minorenni, non possono lavorare un turno pieno di 8 ore e, per coprirlo, siamo costretti ad assumere due persone, con costi esorbitanti”.

“Sarebbe necessario che ognuno facesse un passo verso l’altro, per risolvere una situazione in cui ci perdiamo tutti – commenta -. So di diverse aziende, costrette a ridurre i servizi offerti, passando da una pensione completa alla sola colazione o mezza pensione, perché non trovano personale. In questo modo si riducono i fatturati e si mette in ginocchio il settore, con tutto quello che comporta per l’economia nazionale, non solo per i singoli, non dimentichiamocene”.

LA POSIZIONE DI CNA

Per Cna, “le difficoltà nel trovare personale sono generalizzate a molti settori economici; riguardano i lavori stagionali ma anche quelli stabili e tradizionali nelle aree del ravennate, faentino e lughese. Il lavoro stagionale ha certamente degli elementi di precarietà ma ciò che da circa due anni riscontriamo maggiormente è che si fa fatica a trovare lavoratori da assumere in maniera stabile, con stipendi adeguati, orari standard e con prospettive di crescita in azienda”, dichiara Matteo Leoni, Presidente CNA Territoriale Ravenna.

“Nei settori produttivi – aggiunge – le figure maggiormente richieste sono i tecnici, specializzati e non, periti, addetti commerciali ed amministrativi. In particolare quanto riguarda le figure tecniche, sono le imprese del settore della meccanica a ricercare personale, specialmente nel faentino e lughese”.

Alla domanda “per quali ragioni pensate non si trovi personale, nonostante la disoccupazione sia a livelli elevati?”, Leoni risponde che “il principale fattore è certamente che da anni il sistema formativo produce competenze e numeri non in linea rispetto alle esigenze reali delle imprese. In questo incide anche il tema demografico e di natalità, nonché la revisione dei sistemi pensionistici che hanno aumentato le fuoriuscite senza la capacità di compensarle con nuove assunzioni. I nostri sforzi infatti vertono a migliorare il rapporto tra sistema formativo ed imprenditoriale proprio per colmare questo gap”.

Si parla spesso di contratti poco allettanti o paghe non sufficienti, che ne pensate? “Le nostre imprese Associate – assicura il presidente di CNA Ravenna – offrono lavoro stabile, tendenzialmente a tempo indeterminato e retribuito in modo adeguato, in linea con tutti i maggiori contratti di settore nonché spesso con una contrattualistica innovativa e premiante per i lavoratori. Quando si trova un collaboratore valido si mettono in campo tutte le strategie per non “farlo scappare”, valorizzando l’importante apporto di ogni collaboratore allo sviluppo dell’impresa”.

LA POSIZIONE DELLA CGIL

“La stagione estiva deve ancora iniziare ma già abbiamo avuto la segnalazione da parte di un nostro iscritto che ha ricevuto una proposta di lavoro “a tempo pieno, intermittente” che in sè è una contraddizione. Già questo può essere un elemento di riflessione” commenta Cinzia Folli, Segretaria Filcams CGIL di Ravenna.

“Come organizzazione sindacale siamo un po’ preoccupati per la prossima stagione – prosegue -. Temiamo che riemergano le problematiche purtroppo note da anni, che vanno dalla retribuzione non contrattuale, al mancato giorno di riposo; dagli straordinari sottopagati, ai part time che poi diventano tempi pieni”.

La conseguenza, di fronte a questo lavoro “irregolare”, è che il lavoratore si licenzia. Folli lo conferma: “Lo scorso anno vi è stato un alto numero di dimissioni, da parte di lavoratori che non hanno accettato di sottostare a queste condizioni, ovviamente ben diverse da quanto prospettato in fase di accordo. C’è chi si e licenziato a metà stagione, ma anche chi se ne è andato dopo un paio di giorni”.

La sindacalista sottolinea che “le persone non accettano più determinate condizioni. Serve un cambio di mentalità e di passo da parte di quegli imprenditori (senza voler fare di tutta l’erba un fascio) che credono di poter fare “business” senza rispettare i diritti dei lavoratori. Devono capire che non è il lavoratore a doversi adattare, ma è il datore di lavoro che deve organizzarsi e applicare i contratti nazionali”.

Il concetto “Piuttosto che niente, meglio piuttosto” non è più proponibile – prosegue -. Ci sono leggi, normative e contratti che devono essere applicati. L’imprenditore che non sta alle regole, forse ha sbaglio mestiere. Perché quell’imprenditore, alla fine va a sfruttare il lavoratore disperato che si adatta più facilmente a condizioni ingiuste”.

“L’estate 2023 dovrebbe essere una stagione “piena”, visto che le incertezze legate alla pandemia sembrano superate. Ci attendiamo un’estate con numeri pre-Covid – conclude Folli– . Ora bisogna capire come si orienteranno le aziende”.

Commenti

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  1. Scritto da AS

    Penso la risposta sia abbastanza semplice…
    Ma non è un problema sono degli stagionali ma un po’ tutto il mondo del lavoro (dipendenti).

    Lavorare tanto e guadagnare poco.

    Qualcosa non torna…

  2. Scritto da endriu

    Perchè c’è il reddito di cittadinanza che fa piu’ gola di far della fatica…..

  3. Scritto da ST

    Finchè nonni, genitori e reddito di cittadinanza, tengono nella bambagia decine di migliaia di adulti-bambini… ma gli fanno solo del male.

  4. Scritto da Maria

    Chi lavora 12-13 ore al giorno per 50 euro non può essere contento e senza il riposo settimanale, anzi il mese pagato è calcolato su 26 giorni, gli altri 4 sono per i giorni di ferie che però non vengono usufruiti.