“Mar del Plata” di Claudio Fava. La resistenza dello spogliatoio

Recensione di Mar del Plata, spettacolo di Claudio Fava con Claudio Casadio, prodotto da Società per attori e Accademia Perduta/Romagna Teatri, andato in scena nei giorni scorsi al Teatro Alighieri

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C’è dolcezza anche nel cameratismo più volgare; c’è grazia anche nel fango di un campo da rugby; c’è resistenza politica anche in uno spogliatoio. Basta saperle raccontare.

 

 

Mar del Plata mette in scena la tragedia di una squadra di rugby argentina, che nel 1978, l’anno dei mondiali di calcio, venne spazzata via dal fanatismo dittatoriale di Videla e dei suoi militari. Alla notizia dell’omicidio politico di Diego, un loro compagno di squadra simpatizzante di un’associazione universitaria di sinistra, invece di “nascondere la testa sotto la sabbia”, i ragazzi argentini decidono di affrontare gli aguzzini, di non rassegnarsi.

Come durante la mischia, decidono di passare dal calvario delle botte, del dolore e delle spinte – perché è questo, in fondo, che fa una squadra, se è una vera squadra: combatte assieme.

 

C’è qualcosa di antico nella narrazione a firma di Claudio Fava, che raccoglie la testimonianza dell’unico giocatore sopravvissuto, Raul Barandiaràn. Per uno strano percorso sinaptico (mi perdoneranno i lettori il cortocircuito azzardato) assistendo allo spettacolo diretto dal regista Giuseppe Marini, mi sono venuti in mente dialoghi e scene dal film 300.

 

Accomunano le due storie, quella argentina e quella spartana, la stessa fratellanza semplice e cameratesca “da spogliatoio” dei loro protagonisti; la stessa ineluttabile tragicità della vicenda, già scritta fin dalla prima scena; lo stesso coraggio sprezzante e un po’ folle del manipolo votato al martirio.

 

Ma quelli di Mar del Plata non sono soldati, sono giocatori. Gente semplice: un fornaio, un postino, uno studente con la passione per la palla ovale. Ragazzi per cui “è troppo presto per le ultime cose”, come dice durante uno dei suoi monologhi più forti il protagonista Giovanni Anzaldo, il testimone. E il loro nemico non è uno statuario tiranno persiano in portantina, ma un viscido generalino sciancato, dalle orecchie a sventola e dalle inclinazione omosessuali, interpretato con efficacia da Claudio Casadio.

 

Un individuo isolato, che gode del comando e della sottomissione; un villain che forse odia se stesso e la sua parte, ma che ha trovato nelle gerarchie militari un bastone per sostenere il suo passo malfermo: la rivalsa di un Goebbels amante del tango.

 

L’opera prodotta da Accademia Perduta / Romagna Teatri è uno spettacolo diretto, che colpisce il pubblico con una storia e una recitazione essenziale, senza fronzoli, senza abbellimenti superflui. Mar del Plata sconfessa il pericolo di cadere nella pura agiografia acritica grazie alla sua semplicità, alla linearità della narrazione, grazie alla fisicità degli attori (tutti giovani e adeguati al tono generale).

 

Non c’è posto per interrogativi, per analisi sottili, per l’instillazione di dubbi; c’è la sincera urgenza di raccontare una storia, di portare una testimonianza, di urlare al pubblico lo scandalo di una delle tante stragi degli innocenti della nostra sciagurata contemporaneità. Forse è per questo che la pièce si rivela più efficace proprio quando indossa gli stilemi tipici dell’orazione civile: il monologo, il coro, il rapporto da pari a pari con la platea.

È nel rivolgersi all’altro, a chi non sa, a chi non prende posizione, che lo spettacolo tocca le vette più alte.

 

Per gli stessi motivi, l’indulgenza un po’ prolungata nel voyeurismo del dolore e della fisicità, che porta in scena torture forse inessenziali alla trama e che dribbla l’eleganza del non detto e dell’allusione, trova la sua giustificazione registica proprio nella scelta di non risparmiare nulla al racconto, di non far sconti al pubblico come non sono stati fatti ai ragazzi di Mar del Plata.

 

Meritati dunque gli applausi del pubblico, che hanno restituito agli attori per ben cinque riprese la sincerità osservata sul palco durante l’ora e mezza di spettacolo.

 

Mar del Plata

di Claudio Fava

con Claudio Casadio, Giovanni Anzaldo, Fabio Bussotti, Andrea Paolotti, Tito Vittori, Edoardo Frullini, Fiorenzo Lo Presti, Giorgia Palmucci, Alessandro Patregnani, Guglielmo Poggi

scene Alessandro Chiti

costumi Sabrina Chiocchio

light design Umile Vainieri

produzione Società per attori, Accademia Perduta/Romagna Teatri

regia Giuseppe Marini

 

Visto al Teatro Alighieri il 22 febbraio 2017

Iacopo Gardelli

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